Il provvedimento di regolarizzazione varato dal governo durante il lockdown per fare fronte alla mancanza di manodopera straniera ha consentito la presentazione di “appena” 207.542 domande; in particolare per lavoro domestico (85% del totale) e il resto per gli altri settori, quasi interamente rappresentati dall’agricoltura. È il dato che emerge dal Rapporto Immigrazione 2020 di Caritas italiana e Fondazione Migrantes, presentato oggi a Roma. La regione con il più alto numero di istanze è la Campania, con 6.962. Segue la Sicilia con 3.584, il Lazio con 3.419 e la Puglia con 2.871. I due organismi ecclesiali esprimono “perplessità per una procedura nata principalmente per rispondere alla presenza di lavoratori in nero nel settore dell’agricoltura e che invece sembra rispondere in via principale alle esigenze del mondo del lavoro domestico e del cosiddetto badantato”. In Italia nel 2018 il contributo dei migranti al Pil è stato infatti di 139 miliardi di euro, pari al 9% del totale. I circa 2,3 milioni di contribuenti stranieri hanno dichiarato 27,4 miliardi di redditi, versando 13,9 miliardi di contributi e 3,5 miliardi di Irpef. L’Iva pagata dai cittadini stranieri è stimata in 2,5 miliardi. Questi dati, si legge nel report, “confermano il potenziale economico dell’immigrazione che, pur richiedendo notevoli sforzi nella gestione, produce senza dubbio benefici molto superiori nel medio-lungo periodo”. Anche i costi per la gestione delle emergenze, aumentati dagli 840 milioni nel 2011 ai 4,4 miliardi nel 2017, “possono essere ammortizzati nel tempo, soprattutto se sostenuti da politiche capaci di ridurre l’irregolarità, che oggi è stimata in 670mila persone. Pertanto, una regolarizzazione di tutti i lavoratori stranieri avrebbe garantito entrate superiori ai 3 miliardi di euro”. In Italia sono 2.505.000 i lavoratori stranieri, ossia il 10,7% degli occupati totali. L’87% sono lavoratori dipendenti.