Cinque questioni essenziali, di cui il legislatore tenga conto nell’emanazione di una legge sul fine vita e il suicidio assistito: l’attuazione omogenea e completa della legge sulle cure palliative; la formazione ai professionisti sanitari sulle cure palliative stesse e l’informazione ai cittadini sulle Disposizioni anticipate di trattamento; l’affidamento della certificazione dello stato clinico del richiedente a team professionali medici. Soprattutto, “la tutela dell’autonomia della coscienza del medico di fronte a scelte così impegnative”. E “l’emanazione di norme conformi a una visione moderna del diritto e quindi dotate di elasticità, nel rispetto sia di una società dai molteplici riferimenti etici sia della singolarità di ogni vissuto personale”.
Sono queste, in estrema sintesi, le istanze presentate dalla Fnomceo (Federazione ordini dei medici), audita questa mattina alla Camera, presso le Commissioni riunite Giustizia e Affari sociali, sulle proposte di legge Cecconi, Rostan, Sarli e Alessandro Pagano in materia di rifiuto dei trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia. Lo riferisce un comunicato appena diffuso specificando che a collegarsi in videoconferenza con le Commissioni è stato Pierantonio Muzzetto, coordinatore della Consulta nazionale deontologica Fnomceo.
L’audizione arriva a un anno e mezzo di distanza da quella del maggio 2019, sullo stesso argomento: in questo intervallo di tempo, la sentenza 242/19 della Corte costituzionale, che ha individuato una circoscritta area in cui l’incriminazione per l’aiuto al suicidio non è conforme alla Costituzione. E l’approvazione, da parte del Consiglio nazionale Fnomceo, degli indirizzi applicativi all’articolo 17 del Codice di deontologia medica (Atti finalizzati a provocare la morte), che sanciscono la non punibilità – dopo attenta valutazione deontologica – del medico da un punto di vista disciplinare ove ricorrano tutte le condizioni previste dalla sentenza.