“Nell’animo di chi prega, il senso della propria debolezza è più prezioso dei momenti di esaltazione, quando pare che la vita sia una cavalcata di vittorie e di successi”. Lo ha detto il Papa, che ha dedicato la catechesi dell’udienza di oggi – la prima in Aula Paolo VI dopo il lockdown – alla figura di Elia, “uno dei personaggi più avvincenti di tutta la Sacra Scrittura”, che “compare all’improvviso, è un uomo senza un’origine precisa, e soprattutto senza una fine, rapito in cielo: per questo era attesa prima dell’avvento del Messia, come un precursore”. “La preghiera è la linfa che alimenta continuamente la sua esistenza”, il commento di Francesco a proposito di questo “uomo dalla fede cristallina, integerrimo, incapace di compromessi meschini”, che “è l’esempio di tutte le persone di fede che conoscono tentazioni e sofferenze, ma non vengono meno all’ideale per cui sono nate”. “Nella preghiera succede sempre questo”, ha spiegato il Papa a braccio: ci sono “momenti di preghiera di esaltazione, anche di entusiasmo, e momenti di preghiera di dolore, di aridità, di prove. La preghiera è così”. “Lasciarsi portare da Dio, e lasciarsi anche bastonare da situazioni e a volte anche dalle tentazioni”, l’invito di Francesco: “Questa che la preghiera è così è una realtà che si ritrova in tante altre vocazioni bibliche. Anche nel Nuovo Testamento: pensiamo ad esempio a San Pietro e a San Paolo, la loro vita era così, momenti di esaltazione e momenti di abbassamento, di sofferenza”.