“La riduzione delle occasioni di consumo ha favorito il risparmio, dando un’ulteriore spinta a una propensione ben consolidata e distintiva degli italiani che, in questo modo, si sentono sempre più al riparo di fronte al timore dell’imprevisto, potendo contare su risorse proprie. Coloro che si trovavano già in difficoltà, invece, hanno sensibilmente peggiorato la propria capacità di risparmio”. È quanto emerge da “Gli Italiani e il Risparmio”, l’indagine dall’Acri con Ipsos e che verrà presentata domani in occasione della 96ª Giornata mondiale del risparmio.
La ricerca conferma che “il risparmio rimane sempre gestito nella forma della liquidità, per la difficoltà, evidente da alcuni anni, a identificare l’investimento ideale”. “Gli italiani – è stato rilevato – ambiscono e guardano al risparmio come fonte di tranquillità, molto più di quanto non accadesse in passato, a fronte di un futuro in cui le incognite non mancheranno”. Per questo “oggi il risparmio viene sempre più vissuto come un ingrediente funzionale a una proiezione al breve-medio termine, piuttosto che come fonte di sacrificio odierno per una progettazione di lungo periodo”.
Un altro capitolo dell’indagine riguarda l’Unione europea che “ha rappresentato un valido aiuto per l’Italia durante l’emergenza Covid, determinando un’impennata nel livello di fiducia, con dei riverberi sul livello di soddisfazione per l’euro”. “Il Recovery Fund, infatti, è molto noto – viene spiegato – e segna un cambio di passo, anche se non ancora una vera e propria svolta positiva nella relazione tra Italia e Europa”.
E se “proiettare l’orizzonte temporale ai prossimi 10 o 20 anni infonde una forte incertezza e preoccupazione”, per gli italiani è “centrale la necessità di proporre un futuro migliore e con più ampie prospettive ai giovani”.
Infine, la ricostruzione “post Covid” – secondo gli italiani – “dovrà tenere conto di due istanze importanti: perseguire con convinzione un percorso verso lo sviluppo sostenibile e offrire formazione soprattutto ai giovani, per contrastare la povertà educativa”.