Nel 2019 hanno lasciato l’Italia ufficialmente 131mila cittadini verso 186 destinazioni del mondo, da ogni provincia italiana. Contrariamente a quanto si pensa non sono solo “cervelli” italiani in fuga. La maggioranza di chi si sposta è in possesso di un diploma e va alla ricerca di un lavoro “generico” all’estero. È quanto emerge dal Rapporto “Italiani nel mondo” 2020 (edizione speciale, 15 anni), presentato oggi dalla Fondazione Migrantes. Complessivamente, le nuove iscrizioni all’Aire nel 2019 sono state 257.812 (di cui il 50,8% per espatrio, il 35,5% per nascita, il 3,6% per acquisizione cittadinanza). Secondo le analisi del rapporto, nel 2006 il 68,4% dei residenti ufficiali all’estero aveva solo licenza media o elementare o addirittura nessun titolo, mentre il 31,6% era in possesso di un titolo medio alto (diploma, laurea o dottorato). Dal 2006 al 2018 cambia il trend: nel 2018, infatti, il 29,4% è laureato o dottorato e il 29,5% è diplomato mentre il 41,5% è ancora in possesso di un titolo di studio basso o non ha titolo. Se, però, rispetto al 2006 la percentuale di chi si è spostato all’estero con titolo alto (laurea o dottorato) è cresciuta del +193,3%, per chi lo ha fatto con in tasca un diploma l’aumento è stato di ben 100 punti decimali in più (+292,5%). “Viene così svelato – si legge nel report – un costante errore nella narrazione della mobilità recente raccontata come quasi esclusivamente composta da altamente qualificati occupati in nicchie di lavoro prestigiose e specialistiche quando, invece, a crescere sempre più è la componente dei diplomati alla ricerca all’estero di lavori generici”.