“Ho accolto l’annuncio con grande serenità. Papa Francesco, lo sappiamo, è imprevedibile”. Mons. Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena-Colle di val d’Elsa-Montalcino, commenta così al Sir la nomina a cardinale, annunciata da Papa Francesco, insieme ad altre 12 porpore, al termine dell’Angelus di ieri. “Ci siamo visti pochi giorni fa in udienza, ma non mi stupisce la sua riservatezza”, prosegue Lojudice, che sarà creato cardinale nel Concistoro del 28 novembre: “Per me conta la fiducia, che ritrovo ancora una volta dopo la nomina a vescovo. All’epoca, gli avevo chiesto: ‘È sicuro, Papa Francesco? Io sono solo un prete e mi piace fare questo’. ‘Mi piaci per questo’, era stata la sua risposta”. Riguardo all’impegno del futuro cardinale a fianco degli “ultimi”, come i rom a Roma, Lojudice sottolinea la continuità anche nella sua nuova diocesi: “Certamente è un mondo che non ha i problemi sociali che ha a Roma – osserva – anche per le proporzioni: la diocesi di Siena è un quarto di quella di Roma. Ma non è solo la città di Siena: il versante sud arriva fino all’Amiata e il versante nord fino a San Gimignano. Non si tratta, però, di un problema di quantità: anzi, anche qui a Siena l’impegno pastorale è un’occasione per spingere le persone ad una maggiore attenzione al prossimo. Il Covid è stato emblematico per questo: ci ha spinti ancora di più alla solidarietà fraterna, a ripensare al modo di far parte della città”. “A Roma – sottolinea il futuro porporato – sono stato in parrocchie medie, in parrocchie benestanti e poi a Tor Bella Monaca, dove mi sono catapultato, identificato in quel mondo. Dovunque ho cercato di portare quello che c’era di buono”. “Ogni fase della vita ha le sue caratteristiche”, commenta Lojudice: “Quello che ho sempre cercato di fare è tentare di leggere la realtà e farne un’occasione per sostenere, aiutare, indirizzare chi ha bisogno. Come dice il Papa, il cardinalato non è un premio alla carriera. L’importante è la prossimità alla vita della gente”.