“Il bilancio del 2019 si chiude con una perdita di 433.569 euro, sensibilmente inferiore a quella registrata nel 2018 (2.293.586 euro)”. Lo annuncia l’arcidiocesi di Trento pubblicando per il terzo anno consecutivo il proprio bilancio e di molti tra gli enti afferenti. Il Rapporto 2019, dato di recente alle stampe (edizioni Vita Trentina) e distribuito alle comunità parrocchiali, conferma il percorso ormai stabilmente intrapreso. “La trasparenza, anzitutto sui numeri – commenta l’arcivescovo Lauro Tisi nella presentazione –, credo sia la cartina tornasole dello stato di salute di ogni comunità che accetti di sottoporsi a quella straordinaria ‘macchina della verità’ offerta dal Vangelo. Trasparenza come primo passo verso quella condivisione piena, radicata non su teorie e vuote dottrine, ma sulla presa d’atto collettiva, tra fratelli e sorelle che condividono la stessa fede, del dato di realtà”.
Sul versante patrimoniale, le immobilizzazioni, al netto degli ammortamenti, rappresentano l’86% del totale attivo di 110,7 milioni di euro e sono dovute per 37 milioni a terreni e fabbricati strumentali e per 26 milioni a terreni e fabbricati non strumentali. Le immobilizzazioni di natura finanziaria sono pari a 29 milioni (-7% rispetto al 2018). All’interno di questa quota, poco più di 27 milioni sono relativi al 21,7% del capitale dell’Istituto di sviluppo atesino (Isa), istituito nel 1929.
Il patrimonio netto di arcidiocesi si attesta a 76,5 milioni di euro, in crescita del 3% rispetto al 2018, per via della diminuzione della perdita sopra descritta. I contributi ricevuti dalla Cei rappresentano il 16,2% dei ricavi totali; le tasse diocesane e le entrate da attività pastorali il 5,6%; i contributi da privati ed enti il 36,4%; i contributi pubblici su immobili il 12,2%; i ricavi dalla gestione del patrimonio immobiliare (affitti e recuperi di spese) il 12,2%; i ricavi finanziari il 20,9%; altri ricavi lʼ1,6%. I costi nel loro complesso aumentano di 2.424.520 di euro (+23,8%). La voce preponderante è costituita dalle spese per la “forza lavoro” che incide per il 29,4% dei costi “effettivi” totali.