La soluzione “Due Popoli, Due Stati” è “l’unica ‘non-soluzione’ possibile. Non si può dire ai palestinesi che non hanno diritto ad una terra e a una nazione. Essi ne hanno diritto. Data l’attuale situazione politica è da chiedersi come tecnicamente questa possa essere realizzata. È difficile dire che questa soluzione non sia più praticabile ma allo stesso tempo bisogna chiedersi come si potrebbe fare”. A sostenerlo è stato mons. Pierbattista Pizzaballa durante la conferenza “Terra Santa e Medio Oriente. Attualità e prospettive possibili”, svoltasi presso la sede dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro (Palazzo della Rovere), promossa dal Gran Maestro dell’Ordine, il card. Fernando Filoni, nell’ambito delle celebrazioni per la festa di Nostra Signora di Palestina, patrona dell’Ordine del Santo Sepolcro, del 25 ottobre. Stimolato dalle domande del giornalista Rai, Piero Damosso, mons. Pizzaballa ha fatto il punto sulla questione israelo-palestinese e sulle prospettive di pace nella regione. La soluzione ‘Due Popoli, Due Stati’, sostenuta dalla comunità internazionale, Santa Sede in testa, “in questo momento è molto difficile realizzarla perché non c’è dialogo tra le due parti. Da anni – ha spiegato l’Amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme – israeliani e palestinesi non si parlano più, non c’è fiducia reciproca. La stessa comunità internazionale non è più presente, a parte il sostegno economico alla Autorità palestinese. La soluzione ‘Due Popoli, Due Stati’ sarebbe l’unica possibile ma oggi – ha ribadito – tecnicamente non lo è”. Un cammino verso una soluzione sostenibile, per mons. Pizzaballa, “chiede di lavorare sui tempi lunghi. Parlare di pace tra i due oggi è utopia. Va innanzitutto ricostruita la fiducia tra i due popoli.
Il muro che li divide è il segno più evidente. Servono gesti che ricostruiscono, nel territorio, la fiducia reciproca. Serve visione e leadership adesso assenti in entrambe le parti”. Ed ancora: “Occorre tenere presenti le lezioni e i fallimenti del passato, gli accordi disattesi. Oggi possiamo lavorare sul territorio, nelle scuole, negli ospedali, nei gruppi, nei centri culturali che non sono realtà di nicchia ma un ‘resto’ importante che resiste. Non possiamo prevedere cambiamenti a breve termine”. Alla domanda se una eventuale elezione del cattolico Joe Biden, alle presidenziali Usa, potrebbe cambiare l’inerzia questione israelo-palestinese e della situazione in Medio Oriente, mons. Pizzaballa ha risposto che: “Le elezioni Usa hanno sempre avuto un forte impatto su israeliani e palestinesi. Esiste grande sintonia tra l’amministrazione Trump e il Governo di Israele. Un cambiamento politico avrebbe certo delle ripercussioni ma credo sia anche difficile che si possa ricostruire la fiducia dei palestinesi nei confronti della Amministrazione statunitense. Serviranno gesti coraggiosi”. Mons. Pizzaballa ha poi allargato lo sguardo anche al Medio Oriente dopo gli Accordi di Abramo, voluti dagli Usa e firmati a metà settembre scorso, a Washington, da Barhein ed Emirati Arabi Uniti con Israele. “L’accordo – ha affermato l’arcivescovo – ha isolato ancora di più i palestinesi, anche rispetto al mondo arabo. Come detto, la questione israelo-palestinese è ormai da tempo scomparsa dalla agenda pubblica internazionale. È la fine di un momento. Dobbiamo chiederci come proseguire in questa prospettiva.
Il Medio Oriente sta mutando profondamente: lo vediamo in Siria, Iraq, Libano. Questi Paesi sono il campo di battaglia dei grandi player della regione, Turchia, Emirati, Iran, Arabia Saudita, con i loro alleati Russia, Stati Uniti, Cina. L’Europa è da tempo è fuori dai giochi e anche in questi ultimi eventi mi sembra che non sia pervenuta. Tuttavia – ha ribadito mons. Pizzaballa – io credo che finché non ci sarà una soluzione chiara e dignitosa per il popolo palestinese non ci sarà stabilità nella Regione. C’è una popolazione di milioni di persone che attende una parola chiara come popolo e come nazione”.