Alla vigilia della conferenza di donatori per i rifugiati rohingya che si terrà il 22 ottobre (sarà trasmessa in diretta streaming) l’Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati, chiede oggi di “assicurare maggiore supporto internazionale e di intensificare gli sforzi volti a trovare soluzioni a beneficio di questo popolo apolide e in fuga” sia all’interno, sia fuori dal Myanmar. “Le attività di risposta umanitaria in corso – informa Unhcr – stanno risentendo di un drastico ammanco quest’anno, dal momento che, ad oggi, sono stati ricevuti meno della metà dei finanziamenti richiesti. Nel 2020, le Nazioni Unite hanno chiesto più di 1 miliardo di dollari. La pandemia di Covid-19 è andata ad aggiungere una serie di nuove sfide ed esigenze a un’emergenza già complessa e di dimensioni massicce”. Attualmente sono 860.000 i rifugiati rohingya che vivono in insediamenti all’interno del distretto di Cox’s Bazar, in Bangladesh. La maggior parte, circa 740.000, sono fuggiti dal Myanmar durante la crisi più recente che ha causato l’esodo del 2017. Altri Paesi accolgono circa 150.000 rifugiati rohingya. Si stima che 600.000 vivano nello Stato di Rakhine, in Myanmar. In tutta la regione, la maggior parte dei rohingya vive ai margini della società: servono assistenza sanitaria di base, acqua potabile, scorte alimentari, opportunità di lavoro ed educative. La pandemia, sottolinea Unhcr, “ha peggiorato le condizioni di vita, ha reso l’accesso ai servizi ancora più difficoltoso, ha fatto aumentare il rischio che si verifichino casi di violenza sessuale e di genere e ha esacerbato gli effetti delle malattie infettive sui rohingya sfollati in campi affollati”.