“L’emergenza sanitaria ha colpito in misura più intensa i giovani in tutte le Regioni. Tale dinamica è da ricondurre oltre che alla loro rilevante presenza nei settori maggiormente coinvolti dalla crisi, anche all’ampia diffusione dei contratti a termine nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni. In tutte le Regioni considerate il saldo resta ampiamente negativo per i giovani; il calo registrato nella classe d’età più matura durante il periodo di chiusura è stato invece quasi interamente riassorbito nei mesi successivi”. È quanto emerge dalla nota “Le dinamiche del mercato del lavoro nei mesi estivi: prime evidenze dalle Regioni” diffusa dalla Banca d’Italia e relativa ai dati sulle Comunicazioni obbligatorie di Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Provincia autonoma di Bolzano, Toscana e Sardegna.
“In queste aree – si legge – si concentrava nel 2019 circa il 30 per cento dell’occupazione dipendente del settore privato non agricolo (Pna) in Italia”.
Riguardo alle Attivazioni nette giornaliere, la contrazione – viene spiegato – è ben visibile sin dall’avvio dell’emergenza sanitaria in tutte le aree ma è stata più intensa in quelle in cui è maggiore l’incidenza degli occupati nel settore turistico e dei servizi alla persona e dei contratti a tempo determinato”. “Dalla fine di maggio – prosegue BankItalia –, con la rimozione dei provvedimenti di sospensione delle attività economiche e delle limitazioni agli spostamenti, il divario rispetto all’anno precedente ha cominciato a ridursi ovunque, grazie a un aumento delle assunzioni particolarmente marcato in luglio, trainato dal comparto del turismo soprattutto in Sardegna e nella Provincia autonoma di Bolzano. Sono però emersi segnali di rallentamento dalla seconda metà di agosto in tutte le Regioni”.
Riguardo invece alla riduzione delle posizioni lavorative durante il periodo di lockdown, questa “ha inciso in misura rilevante soprattutto sull’occupazione femminile riflettendo in buona parte, anche in questo caso, l’andamento particolarmente negativo del settore turistico e di quello dei servizi alla persona, dove le donne rappresentano in media i tre quinti degli addetti”. Nel periodo successivo alla rimozione dei vincoli, la domanda di lavoro nel settore è tornata a crescere, in misura maggiore per la componente femminile. Secondo i dati diffusi, nel complesso delle Regioni considerate il saldo netto complessivo resta però ancora negativo di oltre 43 posizioni in meno ogni mille dipendenti per le donne e di 26 per gli uomini, rispetto all’anno prima.