“Recuperare la sussidiarietà circolare ponendo al centro la famiglia”, sarà questo l’impegno del Centro per le famiglie, presentato al seminario diocesano “Giovanni Paolo I” di Cassano all’Jonio, dal vescovo Francesco Savino, dal vicario per la Carità, don Mario Marino, e da Angela Marino, responsabile del progetto “L’appetito vien studiando”. Il Centro sarà un servizio offerto ai circa 30 nuclei familiari del progetto “L’appetito vien studiando”. Questo progetto, pensato da mons. Savino ha, tra gli obiettivi, quello di contenere la riproduzione di forme acute di esclusione, rilanciando l’azione della Caritas diocesana e svincolandola dai soli interventi di sostegno al reddito, a favore di azioni concrete. Azioni che siano, per come ha sottolineato Don Mario Marino, avamposti di prossimità. Il progetto “L’appetito…” si è posto, negli anni, anche l’obiettivo di arginare la dispersione scolastica tentando di assicurare un valido apporto formativo e culturale, a quei minori che vivono situazioni di forte disagio psico-sociale, attraverso la ricerca e la familiarizzazione con il proprio talento, che sia come una alternativa “alla strada” e che passi, per come ha testimoniato Giusy Campana (educatrice del progetto “L’appetito vien studiando” ndr) attraverso la riscoperta, la messa a disposizione e la condivisione con l’altro. Il Centro per le famiglie, per come ha spiegato la responsabile del progetto Caritas, Angela Marino, avrà un ruolo centrale per ciò che riguarda le aree di sviluppo delle risorse familiari e comunitarie, promuovendo la cultura dell’accoglienza, della solidarietà e della sussidiarietà tra nuclei familiari diversi e tra i componenti di uno stesso. Un servizio che fa della Caritas diocesana, “un luogo della profezia e della progettualità”, che non sia una banale risposta ad un bisogno, ha detto mons. Savino nei saluti finali, ma un luogo che saldi “la terra al cielo attraverso una profezia della normalità”. L’invito del vescovo è quello di vocarsi all’impegno, per colmare quel divario di cittadinanza, che si può recuperare solo attraverso una politica vera dell’inclusione e diventando “progettisti dell’oltre”.