In diretta su “Bbc” e “Sky”, con la bandiera britannica alle spalle, Boris Johnson fa la voce grossa con la Ue e minaccia il “no deal”, corteggiando l’elettorato del nord d’Inghilterra che sta pagando il conto più salato della pandemia. “Prospereremo come una nazione indipendente che controlla i suoi confini e le sue acque da pesca”, afferma. “È chiaro che, dopo 45 anni, non sono disposti a darci quell’accordo che ha il Canada”, dice il premier, ben sapendo che la Ue non può concedere l’eliminazione delle tariffe sulle importazioni a un Regno Unito che diventa competitore e la cui posizione economica e commerciale è ben diversa da quella del lontano Paese nordamericano. “Considerando che i nostri partner europei si sono rifiutati di negoziare seriamente, ho concluso che dovremmo prepararci per il primo gennaio con un accordo di libero commercio simile a quello australiano”. Se ne andrà il Regno Unito, sbattendo la porta? I commentatori britannici lo dubitano. Fanno notare che già lo scorso settembre Johnson aveva minacciato la rottura entro metà ottobre 2019. Poi non avvenuta.