La Chiesa non è stata “chiusa”, ma è risultata attivissima in tutti i settori, eccellendo soprattutto in quelli sociali e caritativi; la dimensione caritativa particolarmente evidenziata; rapporti con le Istituzioni civili, soprattutto a livello locale, più stretti; la ‘colonizzazione religiosa’ di Internet: sono questi i “quattro aspetti vissuti nelle comunità ecclesiali – durante questa pandemia – da mantenere vivi e continuare ad utilizzare come talenti terminata l’emergenza coronavirus”. A ricordarli dalle pagine di “Voci e Volti”, periodico della diocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, è l’arcivescovo Franco Moscone. Nel testo, già proposto all’assemblea diocesana di settembre, il presule ricorda che durante la pandemia “la Chiesa non è stata chiusa, ma è risultata attivissima in tutti i settori, eccellendo soprattutto in quelli sociali e caritativi. Le chiese (luoghi di culto) sono rimaste ‘aperte’, tanto fisicamente quanto virtualmente, entrando nelle case-famiglie con gli strumenti multi mediali”. Ad emergere è stata “la dimensione caritativa, dimostrando che quanto si celebra ed annuncia lo si vive sul serio, senza guardare a spese. L’operato delle Caritas e delle varie associazioni e movimenti caritativi hanno dimostrato con i fatti che la Chiesa ‘cura’ la carne di Cristo e che veramente ha scelto di stare dalla parte dei poveri”. Altro aspetto messo in rilievo da mons. Moscone è “l’alleanza stretta tra amministrazioni civili, parrocchie ed enti del terzo settore. È stata riconosciuta la conoscenza che le parrocchie e le presenze religiose posseggono relativamente ai bisogni del territorio, dei cittadini e loro necessità. La situazione pandemica ha come obbligato a tale “alleanza” di fini ed opere”. Infine l’arcivescovo ha esortato a non disperdere quella “infinità di attività e presenze (non solo messe in streaming) nel mondo dei social che quasi si potrebbe parlare di ‘colonizzazione religiosa’ di internet”. “Credo – scrive mons. Moscone – che si possa affermare che nel silenzio della quarantena il sentimento religioso e la presenza della Chiesa si sono presentati ‘porto sicuro’, elementi di riflessione e stimolo a sentirsi uniti: comunità di persone che prendono coscienza della loro fragilità e precarietà e che mostrano il volto autentico della Chiesa. La figura di una Chiesa ‘Maestra’ oggi non è più in grado di farsi comprendere, mentre diventa comprensibile ed attraente una Chiesa di uomini in cammino, fragile con i fragili, che vive ed assume la precarietà come sfida e campo della propria missione”.