“La vera rivoluzione non è quella di chi non paga tasse ingiuste, ma quella di chi non viene a patti con il potere, quella di chi non lo usa per i propri interessi”. A ribadirlo è l’amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, mons. Pierbattista Pizzaballa, nella sua meditazione settimanale al Vangelo della Domenica (questa settimana 18 ottobre). Al centro la spinosa domanda se è lecito o no pagare il tributo a Cesare. “Spinosa” perché attiene, in primis, alla “interpretazione della Legge, poi ai soldi e infine alla politica”. Gesù, spiega mons. Pizzaballa, risponde alla domanda dicendo che: “Ci sono tre modi di stare al mondo. Il primo è quello di dare a Cesare un potere assoluto, di pagare le tasse ritenendolo una divinità. Il secondo è quello di non dare a Cesare alcun potere, di non riconoscerlo, e quindi di non pagare il censo, trasgredire la legge, fomentare la rivoluzione. E c’è un terzo modo, quello che riconosce a Cesare il potere che ha sulle cose, e a Dio il potere che ha sulla vita, sapendo che essi (Cesare e Dio) esercitano il potere in un modo molto diverso”. “La vera rivoluzione – rimarca mons. Pizzaballa – è la libertà interiore di chi sa che la propria vita viene da Dio, e nelle sue mani la rimette; e quindi non teme alcun potere temporale, neanche quello violento dell’occupazione straniera, perché chi è libero sa che nessuno ha veramente potere sulla vita, se non colui al quale noi diamo il potere di averlo”. Il potere temporale, infatti, “anche quando fosse un potere benevolo, non può essere l’orizzonte ultimo dell’uomo, il suo tutto: non dà la vita, e in fondo – conclude l’arcivescovo – non può nemmeno toglierla, a meno che non siamo noi a lasciargli il potere di farlo, rinunciando alla nostra libertà”.