“Tutti soffrono in questo mondo: sia che si creda in Dio, sia che lo si respinga”. Lo ha detto il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, dedicata al Salterio, il libro dove sono raccolti i 150 Salmi, “dove il dolore diventa relazione, rapporto: grido di aiuto che attende di intercettare un orecchio che ascolti. Non può rimanere senza senso, senza scopo”. “Anche i dolori che subiamo non possono essere solo casi specifici di una legge universale”, ha precisato Francesco: “Sono sempre le ‘mie’ lacrime. Le lacrime non sono universali, sono le mie lacrime: ognuno ha le proprie. Le mie lacrime, il mio dolore mi spinge ad andare avanti con la preghiera. Sono le mie lacrime, che nessuno ha mai versato prima di me: tanti le hanno versate, ma le mie lacrime sono mie, il dolore è mio, la sofferenza è mia”. “Prima di entrare in aula – ha raccontato a braccio il Papa – ho incontrato i genitori del sacerdote della diocesi di Como che è stato ucciso nel suo servizio per aiutare. Le lacrime di quei genitori sono le lacrime loro, e ognuno di loro sa quanto ha sofferto nel vedere questo figlio che ha dato la vita nel servizio del povero”. “Quando noi vogliamo consolare qualcuno non troviamo parole, perché non possiamo arrivare al suo dolore, perché il suo dolore è suo, le lacrime sono sue”, ha proseguito Francesco ancora fuori testo: “Lo stesso con noi: il mio dolore è mio, le lacrime sono mie, e con queste lacrime, con questo dolore, mi rivolgo al Signore”.