“Il nuovo anno non sembra essere costellato da segni incoraggianti, quanto piuttosto da un inasprirsi di tensioni e violenze”. È la prima fotografia del settimo discorso del Papa al Corpo diplomatico, tradizionale occasione di inizio d’anno per fare una panoramica geopolitica delle questioni più scottanti sullo scacchiere internazionale. “È proprio alla luce di queste circostanze che non possiamo smettere di sperare”, la tesi di Francesco in controtendenza: “E sperare esige coraggio. Esige la consapevolezza che il male, la sofferenza e la morte non prevarranno e che anche le questioni più complesse possono e devono essere affrontate e risolte”. “La pace e lo sviluppo umano integrale sono l’obiettivo principale della Santa Sede nell’ambito del suo impegno diplomatico”, ha ricordato il Papa: “Ad essa sono orientati gli sforzi della Segreteria di Stato e dei Dicasteri della Curia Romana, come pure quelli dei rappresentanti pontifici, che ringrazio per la dedizione con cui compiono la duplice missione loro affidata di rappresentare il Papa sia presso le Chiese locali sia presso i vostri Governi”. Francesco ha poi citato gli Accordi di carattere generale, firmati o ratificati, nel corso dell’anno appena trascorso, con la Repubblica del Congo, la Repubblica Centroafricana, il Burkina Faso e l’Angola, come pure l’Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana per l’applicazione della Convenzione di Lisbona sul riconoscimento dei titoli di studio relativi all’insegnamento superiore nella Regione Europea. “Anche i viaggi apostolici, oltre che essere una via privilegiata attraverso la quale il Successore dell’Apostolo Pietro conferma i fratelli nella fede, sono un’occasione per favorire il dialogo a livello politico e religioso”, ha sottolineato il Santo Padre, che ha articolato il suo discorso ripercorrendo idealmente le tappe che ha compiuto nel 2019, “cogliendo l’opportunità per uno sguardo più ampio su alcune questioni problematiche del nostro tempo”.