“Le ultime statistiche dimostrano che la religiosità dei polacchi nell’ultima decade si attesta fermamente attorno al 40%”: lo dichiara al Sir il portavoce dei vescovi polacchi, don Paweł Rytel-Andrianik, sottolineando che “sebbene in alcuni anni ci siano stati lievi scostamenti da quel valore, la media tuttavia rimane stabile”. Martedì 7 gennaio presso la sede della Conferenza episcopale a Varsavia è stato presentato l’annuario statistico della Chiesa cattolica polacca che questa volta contiene anche dati riguardanti la categoria dei participantes, cioè dei fedeli che prendono attivamente parte alla vita delle comunità parrocchiali e diocesane. La loro percentuale, a livello nazionale, si attesta nell’ultimo decennio attorno all’8%, mentre negli anni Novanta del secolo scorso superava di poco il 4%. In Polonia ci sono 10mila parrocchie con 25mila sacerdoti incardinati, di cui una parte lavora in missione all’estero. Tradizionalmente, le regioni con il numero dei dominicantes e dei comunicantes più alto sono quelle nel sud-est del Paese, mentre i valori più bassi, relativi alla religiosità della popolazione, si riscontrano nella parte nord-occidentale della Polonia.
Secondo don Grzegorz Sokołowski, del Centro studi sociologici di Breslavia, tali differenze sono ancora il retaggio delle migrazioni avvenute al termine della Seconda Guerra mondiale poiché “lì dove le popolazioni si sono insediate solo da due o tre generazioni, la religiosità complessivamente risulta più bassa rispetto alle regioni i cui abitanti vi risiedono da secoli”. L’annuario statistico fornisce anche dati relativi al numero dei religiosi (11.400), delle religiose (17.600), quello di battezzati (nel 2018 sono stati 386mila), di coloro che si sono accostati alla prima comunione (oltre 400mila), alla cresima (quasi 300mila) e al numero dei matrimoni religiosi che nel 2018 sono stati 133mila.