“Calamità occupazionale” e “sciacallaggio industriale”. Sono i termini che raccontano la crisi del lavoro a Torino e in Piemonte così come è stata delineata oggi nel corso di un Consiglio regionale dedicato al tema dell’occupazione. Si è trattato di un confronto fra forze politiche e sindacati dal quale sono emersi numeri più che allarmanti. Stando ai numeri dell’ultimo trimestre disponibile (quello di luglio-settembre 2019), gli occupati totali sono diminuiti di 17mila unità. Un risultato che deriva dal tracollo di alcuni settori (come quello manifatturiero) e dalla tenuta di altri (come quello agricolo).
Intanto, i dati della cassa integrazione indicano in circa 50 le imprese che ne fanno ricorso, 2.500 gli addetti coinvolti, prevalentemente nei settori metalmeccanico e dell’editoria, tra i quali si evidenziano ben 20 imprese in cassa integrazione per cessazione attività che coinvolgono circa 800 persone. A queste si affiancano 75 imprese che attuano la cassa integrazione per contratti di solidarietà, tra cui la più nota è Fca con 4mila dipendenti in cassa. Il settore metalmeccanico resta il più colpito, seguito da chimica, gomma, commercio e abbigliamento.
Per questo, il Consiglio ha approvato un ordine del giorno, presentato dalla Giunta ma sottoscritto da tutti i gruppi in aula, che chiede la dichiarazione della calamità occupazionale. Il documento chiede inoltre al Governo centrale il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga e 150 milioni da destinare alle aree colpite dalle crisi industriali nella Regione, come era stato annunciato dal premier Giuseppe Conte in una sua visita in Piemonte.
Pesanti le considerazioni di Elena Chiorino, assessore regionale al lavoro, che dopo aver ricordato come il Piemonte abbia “messo in campo un milione di euro per agire sul fronte della prevenzione delle crisi aziendali”, ha parlato di “sciacallaggio industriale da parte dei fondi speculativi che acquistano le aziende locali in crisi al solo scopo di acquisirne il marchio, ma disinteressandosi successivamente delle realtà produttive sul territorio”.
Duri anche i sindacati. “Se il Piemonte che era la seconda manifattura d’Italia oggi è la quarta, molte responsabilità sono anche della politica, che ha svalutato il lavoro permettendo alle imprese di approfittarne”, hanno detto i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil. Gli stessi hanno spiegato che un documento comune in Consiglio regionale “non è sufficiente” e che “vanno resi permanenti momenti di confronto tra le parti. E ci vuole una attenzione particolare alla sanità e all’assistenza”.