Colombia: Bojayá assediata dai paramilitari. Palacios (leader sociale) al Sir, “anche se minacciato di morte resto qui. Comunità internazionale intervenga”

“Mi hanno dato due ore per abbandonare il territorio del dipartimento del Chocó, a causa delle concrete minacce di morte che mi sono arrivate negli ultimi giorni. Ma io ho scelto di rimanere a fianco della mia gente. Anche oggi sono stato a Bojayá, assieme ai rappresentanti del Governo e dell’Alto Commissariato per la Pace”. La voce di Leyner Palacios Asprilla, che si confonde a un vociare di persone riunite in assemblea, giunge al Sir proprio da questa località del Pacifico colombiano, nota per aver subito nel 2002 uno storico massacro da parte della guerriglia delle Farc – davanti alla statua lignea del Cristo, rimasta mutilata, diventata l’emblema di conflitto colombiano ha pregato nel 2017, a Villavicencio, anche Papa Francesco – e ora da giorni sotto attacco delle milizie paramilitari Autodefensas Gaitanistas de Colombia, forze conosciute anche come “Clan del Golfo”. Sono circa 7mila persone che vivono nel terrore: la denuncia, nei giorni scorsi è venuta proprio da Leyner Palacios, sopravvissuto al massacro del 2002, nel quale sono morti diversi suoi familiari, e storico leader sociale, comunitario e catechista in quella parte di territorio e nella diocesi di Quibdó, anima del Coordinamento regionale del Pacifico che mette in rete la Chiesa locale e numerose organizzazioni etno-territoriali.
Attraverso il Sir egli fa giungere un appello alla comunità internazionale: “È importante continuare a tenere alta l’attenzione sulla pace in Colombia e in particolare fare pressione sul Governo colombiano perché dia compimento al processo di pace e perché sia presente nei territori periferici. Dopo la firma dell’accordo con le Farc abbiamo avuto un po’ di sollievo, ma è durato poco”.
Quello di Bojayá, in effetti, è uno dei casi emblematici di quanto sta accadendo in Colombia dopo la firma dell’accordo. Il territorio, una volta che si sono ritirate le Farc, è rimasto “senza padrone”, “Clan del Golfo” e guerriglia dell’Eln si contendono il controllo del territorio, seminando terrore, violenza e morte. “I gruppi armati spadroneggiano, mentre spesso nelle autorità si avverte compiacenza. La gente è terrorizzata – spiega Palacios -. I leader sociali non possono parlare perché continuamente minacciati. Io stesso non posso parlare con la mia comunità, come facevo in passato. Sono angustiato e preoccupato. Dopo essere sopravvissuto alla strage del 2002, temo che avvenga un altro massacro. Oggi ho spiegato la situazione ai rappresentanti del Governo e dell’Alto Commissariato per la pace. Spero si riesca a fare qualcosa”.

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