La Giornata per la vita del prossimo 2 febbraio “non può essere celebrata con superficialità e retorica. Essa deve essere accolta da ciascuno di noi come un’occasione per reagire con forza a tutti i comportamenti che offendono, in qualsiasi modo, la vita umana. Dobbiamo, tutti, maggiormente vigilare sulle nostre relazioni interpersonali e sociali”. Lo scrive mons. Ciro Fanelli, vescovo di Melfi- Rapolla-Venosa, nel messaggio per la ricorrenza. Questo, prosegue, “è il tempo in cui ognuno di noi deve immettere nel tessuto sociale semi di riconciliazione, di perdono e di pace: non dobbiamo costruire muri di rancore, ma realizzare, sempre ed ovunque, ponti di dialogo! Dobbiamo cioè prenderci cura dell’altro. Non possiamo permettere che la violenza ci paralizzi o che scateni altra violenza. I mali sociali che indeboliscono la nostra società vanno individuati con lucidità, senza paura, e nel contempo vanno stigmatizzati con vigore, affinché siano estirpati in radice con determinazione: è necessaria una forte riscossa etica”. No allo “sterile sconforto”; bisogna reimparare, il monito del presule, ad “abitare” i luoghi dove si “costruisce” il tessuto dei valori. “L’imbarbarimento dei comportamenti in una comunità non è mai frutto del caso o di una fatalità, ma è sempre il risultato di scelte deliberate, di tante omissioni e di numerose superficialità”. Tutti “abbiamo il dovere di aiutare le nuove generazioni”. Secondo Fanelli, gli ambiti nei quali “si deve maggiormente lavorare sulla prevenzione sono la parrocchia, la famiglia, la scuola, lo spazio pubblico e i media. Un approccio sinergico e strategico tra le istituzioni e le diverse agenzie educative su questi temi, che sono alla base del disagio sociale delle fasce più a rischio della nostra società, garantirà l’efficacia della prevenzione e la cura della vita”.