“Negli ultimi 100 anni la mortalità si è ridotta del 100%. Si è spostato il limite della vita. Molte delle patologie prima inguaribili, ora lo sono. Ma c’è un’area grigia ignota fino a poco tempo fa, quella dei cosiddetti bambini speciali, che dipendono dalle macchine o in cui la componente di malattia è importantissima”. Lo ha detto Franca Benini, responsabile del Centro regionale veneto di terapia del dolore e cure palliative pediatriche – hospice pediatrico di Padova, questa mattina a Firenze, durante il convegno nazionale “L’hospice pediatrico nodo centrale della rete di cure palliative. Verso un modello nazionale di assistenza”, promosso dall’Azienda ospedaliero-universitaria Meyer e dalla rete pediatrica toscana. Alla giornata di studio partecipano i più importanti dipartimenti e ospedali pediatrici in Italia, tra cui il Bambino Gesù di Roma, il Gaslini di Genova, l’ospedale Regina Margherita di Torino e il Santobono Pausilipon di Napoli.
“Spesso per loro – ha dichiarato Benini – si parla di morte. Ma noi vogliamo parlare di vita. La nostra missione è infatti rispondere ai bisogni fisici, psichici, spirituali di questi ragazzi e delle loro famiglie”.
La responsabile dell’hospice pediatrico nel far notare come “le cure palliative non riguardano solo la cura del bambino morente ma tutti quelli che oggi invecchiano con patologie croniche complesse”, ha ricordato che nel mondo sono “21 milioni i bimbi speciali mentre in Italia oltre 30 mila”. In conclusione ha poi evidenziato come nel nostro Paese manchi ancora una cultura delle cure palliative e del dolore, soprattutto per i ragazzi in età pediatrica: “Una persona su quattro pensa che i bambini abbiano una percezione del dolore solo dopo i 7 anni”. La ragione, ha commentato “è nella mancanza di comunicazione tra chi dovrebbe informare, tra medici e pazienti e nella carenza di percorsi di studio nelle Facoltà”.