“A tre anni dall’Accordo Italia-Libia sul contenimento dei flussi migratori e dal summit Ue della Valletta, gli aiuti europei per lo sviluppo dei Paesi africani vengono spesi sempre più per chiudere le frontiere, soffocare la migrazione e favorire i rimpatri dei migranti in Africa. Nel caso della Libia, in particolare, si è trattato di risorse usate per la Guardia costiera, che si è rivelata complice dei trafficanti di esseri umani lungo la rotta del Mediterraneo centrale e ha operato in mare per riportare, in tre anni, circa 40mila uomini, donne e bambini innocenti verso i ‘lager libici’, dove sono quotidianamente esposti a torture e abusi indicibili”. È la denuncia diffusa oggi da Oxfam nel nuovo rapporto “Il Trust Fund Ue per l’Africa intrappolato tra difesa delle frontiere e politiche di aiuto”, che rivela come “negli ultimi 4 anni oltre un miliardo di euro, il 26% degli aiuti totali del Trust Fund, siano stati deviati dal loro scopo umanitario per finanziare politiche nazionali di brutale contenimento dei flussi migratori”. Secono l’ong, solo 56 milioni di euro, meno dell’1,5% del valore totale del Trust Fund, sono invece serviti a finanziare canali migratori regolari. “La Libia da un anno a questa parte sta vivendo una fase molto intensa di conflitto con la capitale sotto assedio – afferma Paolo Pezzati, policy advisor per la crisi migratoria di Oxfam Italia -. I migranti sono usati come scudi umani e in alcuni casi sono stati anche arruolati in milizie legate alle parti in conflitto. È urgente un piano di evacuazione dal Paese per i migranti detenuti nei centri ufficiali e non ufficiali. Chiediamo che l’Europa trovi subito un accordo per portare fuori dal Paese tutte le persone che a vario titolo si trovano lì e mostrino la volontà di richiedere protezione”. A febbraio il Parlamento italiano è chiamato a rinnovare le missioni militari in Libia. Oxfam chiede di non rinnovarle e di indirizzare il Governo nel revocare l’accordo, dal momento che “nessun significativo passo è stato fatto dal primo novembre 2019 e che ancora non si ha nessuna notizia delle modifiche che avrebbero dovuto essere concordate bilateralmente prima del 2 febbraio”.