Il Tribunale internazionale dei diritti della natura ha chiesto al Governo boliviano di modificare le norme, introdotte dal precedente Governo Morales, che promuovono l’espansione di terreni agricoli attraverso la deforestazione e anche l’utilizzo di piccoli roghi. È opinione diffusa che proprio tale pratica sia stata una delle cause scatenanti degli incendi che lo scorso agosto hanno devastato la zona orientale del Paese, tra i dipartimenti di Santa Cruz e del Beni.
L’organismo internazionale, nella sentenza (non vincolante), oltre che chiedere all’attuale Governo presieduto da Jeanine Áñez di revocare le disposizioni che favoriscono incendi e deforestazione, domanda anche di far cessare le attività legate allo sfruttamento intensivo di agricoltura e allevamento, soprattutto quelle che maggiormente danneggiano l’ambiente. È il caso dell’allevamento di bovini e l’esportazione di carne in Cina (su questo Morales firmò un faraonico accordo con il “gigante asiatico”) e la produzione di etanolo e biodiesel.
Questo approccio “consumistico” del territorio è stato recepito dai Piani per l’uso del suolo recentemente approvati e riguardanti diversi dipartimenti. A suscitare proteste, in questo caso “dal basso”, è in particolare il Piano riguardante il dipartimento del Beni, nella zona amazzonica del Paese, approvato in novembre dal nuovo Governo, che ha destinato all’uso agricolo intensivo 10 milioni di ettari.
Il Centro etnico per il popolo Mojeños del Beni ha inviato una lettera alla presidente Añez chiedendo di poter essere ascoltato e di creare un tavolo tecnico per presentare le proprie proposte a favore dello sviluppo economico, sociale, culturale e ambientale del luogo. L’organizzazione sostiene che il Piano viola gli standard nazionali e internazionali, minacciando i mezzi di sussistenza delle popolazioni indigene residenti in questa parte della Bolivia.