“In un mondo e in un tempo in cui i vecchi crescono sempre più di numero e la vita si allunga in modo impensabile anche solo fino a pochi anni fa, manca un pensiero sulla vecchiaia”. A denunciarlo è stato Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, intervenuto al primo Congresso internazionale di pastorale degli anziani, in corso all’Augustinianum fino al 31 gennaio sul tema: “La ricchezza degli anni”. “Questa è un’età che non si trova a suo agio in un tempo che esalta l’autonomia individuale, il culto del presente, il fascino di quella nuova condizione antropologica ed esistenziale, giustamente definita ‘adultescenza'”, ha proseguito il relatore, secondo il quale “c’è una vera carenza di riflessione sulla vecchiaia come stagione dello spirito, sulla spiritualità dell’anziano, che diventa anche carenza di riflessione sulla debolezza e sulla dimensione ‘non attiva’ del vivere”. “Il ‘peccato’ dell’anziano non è l’omissione del ‘fare’, quanto piuttosto quello della rassegnazione o della disperazione”, la tesi di Impagliazzo: “È lasciarsi sopraffare dal male, dal peso del corpo, dalla sventura, dal dolore, dal pessimismo”. Il presidente della Comunità di Sant’Egidio, in particolare, ha stigmatizzato la “congiura del silenzio” nei confronti dell’anziano: “Nessuno parla all’anziano, nessuno lo ascolta o lo appoggia”. Così, nell’anziano, “la delusione rischia di diventare realtà permanente”: “Si confronta il presente con il passato, il modo in cui si era trattati una volta e quello di oggi, la lucidità di prima e il ragionare confuso di adesso. Uno stato psicologico irreversibile. Questa è la realtà dell’anziano: l’irreversibilità. Non si può recuperare molto. Sopravviene l’angoscia per un baratro che sta inghiottendo ogni cosa, senza più la consolazione di poter guardare il futuro”.