(Bruxelles) “Il mio dovere è quello di parlare, di raccontare, fino alla morte”: Liliana Segre, milanese, sopravvissuta all’Olocausto, ora senatrice a vita, racconta, nell’emiciclo dell’Europarlamento, la prigionia ad Auschwitz e il difficile ritorno alla vita, al termine della seconda guerra mondiale. La plenaria dell’Europarlamento si è aperta oggi, a Bruxelles, con una cerimonia per il Giorno della memoria e il 75° della liberazione del campo nazista. “Le bandiere dei Paesi europei, oggi affratellati, che ho visto qui fuori – afferma – ricordano la pace, perché qui ci si guarda negli occhi, si dialoga”. Poi riprende il racconto: “Avevo 13 anni, ero un’operaia schiava, fabbricavamo bossoli di mitragliatrice”. Quando si aprirono le porte del lager, “iniziammo la marcia della morte. In 50mila, ognuno con le sue gambe, senza poterci appoggiare a qualcun altro, iniziammo la marcia del ritorno, dalla Polonia verso la Germania, attaccati alla vita. Camminavamo, camminavamo, mangiavamo schifezze, quello che si trovava. Ero una ragazzina dimagrita, senza sesso, senza mestruazioni, senza mutande… Diciamole queste cose, perché si sappia la verità”. “Camminavo. Una gamba davanti all’altra, una gamba davanti all’altra, voglio vivere, mi dicevo”.
“Fu una marcia che durò mesi. Una volta tornata a Milano ero una ragazza ferita, selvaggia, bulimica, ma chi mi stava attorno pretendeva di avere ancora la ragazzina borghese di una volta”. Con garbo, Liliana Segre denuncia le “complicità con i nazisti, che ci furono in ogni Paese, magari ad opera dei vicini di casa, dei compagni di scuola…”. “Io mi sento la nonna di quella Liliana, una Liliana che mi fa una pena infinita”, dice. Poi racconta la gioia di essere mamma e nonna: “Questo è un miracolo, come è un miracolo questo Parlamento”. Infine un monito alla pace e alla fratellanza. L’aula in piedi applaude a lungo. Quindi l’Europarlamento tributa un minuto di silenzio per le vittime dell’Olocausto.