Diocesi: mons. Castellucci (Modena), “il grido del suolo e il grido di Abele sono gli orizzonti di impegno comune per un presente e un futuro sostenibile e dignitoso””

“Le società impostate su logiche prevalentemente economiche e finanziarie, come quelle imperanti nell’Occidente capitalistico o nell’Oriente dei grandi paesi emergenti – oggi Cina e India – faticano ad accettare culturalmente e a integrare programmaticamente il valore della sobrietà, anzi il vantaggio della sobrietà: perché non procura un beneficio immediato, ma un giovamento su larga scala e sui tempi lunghi. Dove prevale la logica del consumo e del profitto, difficilmente si fa strada il senso della responsabilità verso gli altri popoli e le future generazioni”. Lo evidenzia mons. Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola, nel Messaggio alla città, “Il custode di mio fratello”, per la festa del santo patrono Geminiano.
“In queste società la natura non solo non viene considerata una casa da custodire, ma nemmeno una semplice cava di materiali da estrarre; diventa piuttosto una cassa, un conto corrente alimentato dalla speculazione, da una logica di mercato e da una finanza spregiudicata”, mette in guardia il presule, secondo il quale, perciò, “la consapevolezza che il creato è ‘la nostra casa comune’ non potrà che farci bene”. “Quando io tratto la natura come ‘la mia cava privata’ da cui estrarre materie prime, o ‘la mia cassa personale’ da cui guadagnare profitti, cado nell’illusione – purtroppo praticata – di una ‘indifferenza’ dell’ambiente rispetto ai miei comportamenti. Essendo però il creato una vera e propria ‘casa’, le mie azioni nei suoi confronti si riflettono su di me – osserva mons. Castellucci -. Se la mia casa è sporca, se tengo le finestre chiuse anziché far entrare aria pulita, se getto i rifiuti sul pavimento invece di portarli fuori, se spreco acqua, luce e gas inutilmente, se lascio crescere umidità e muffa, ne risento prima di tutto io, perché mi indebolisco e mi ammalo; e ne risentono i miei familiari, in casa con me, specialmente quelli meno difesi come i piccoli, gli anziani, i più fragili”. Questo, aggiunge, “succede troppo spesso nel mondo, grande ‘casa comune’, dove lo sfruttamento e l’inquinamento fanno ammalare e indeboliscono soprattutto chi non ha le forze per difendersi”.
L’arcivescovo conclude: “L’impegno per la salvaguardia del creato è una piattaforma comune a cristiani, ebrei e membri di altre religioni, a credenti e non credenti, a tutti gli uomini di buona volontà. Il grido del suolo e il grido di Abele sono gli orizzonti di impegno comune per un presente e un futuro sostenibile e dignitoso”.

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