Libano: 10 cristiani e 7 musulmani (4 sciiti e 3 sunniti) tra i ministri del prossimo governo

A quasi tre mesi dalle dimissioni del governo guidato da Saad Hariri, in un clima politico e sociale ancora segnato da tensioni irrisolte, il Libano si prepara ad avere una nuova compagine governativa, guidata dal sunnita Hassan Diab (nella foto), 60 anni, ex professore dell’American University di Beirut. Il nuovo esecutivo sarà formato dal premier e da 19 ministri, 13 uomini e 6 donne. Anche stavolta, dal punto di vista confessionale, la squadra di governo rappresenterà una proiezione della composita mappa religiosa libanese: tra i 19 nuovi ministri si conteranno 4 cristiani maroniti, 4 musulmani sciiti, 3 musulmani sunniti, 3 cristiani greco ortodossi, 2 drusi, 2 cristiani greco-cattolici e una cristiana armena ortodossa. I nomi della compagine di governo, riferisce l’agenzia Fides, sono stati annunciati martedì 21, ponendo fine a un’impasse di diversi mesi, innescata dalle proteste di piazza contro l’establishment governativo, che il 29 ottobre 2019 avevano provocato le dimissioni dell’ex premier Hariri. Il nuovo governo, che gode dell’appoggio della coalizione comprendente anche il Partito sciita Hezbollah e il Movimento patriottico Libero (formazione politica fondata dall’attuale presidente libanese, il maronita Michel Aoun), dovrebbe incassare la fiducia del Parlamento la prossima settimana, anche se non sembra soddisfare le richieste delle manifestazioni anti-sistema che scuotono il Libano da mesi, e che negli ultimi giorni sono stati segnati da violenze e scontri di piazza. Il nuovo esecutivo appare di fatto composto da tecnici legati ai Partiti che sostenevano anche la precedente coalizione, mentre tra i manifestanti c’era chi chiedeva di affidare la soluzione dei gravissimi problemi economici e sociali nazionali a tecnocrati totalmente indipendenti dalle forze che da decenni dominano la scena politica libanese. “I media sono pessimisti, ma noi siamo ottimisti” ha dichiarato martedì 21 il presidente del parlamento, lo sciita Nabih Berri. E anche il card. Bechara Boutros Rai, Patriarca di Antiochia dei maroniti, già mercoledì 22 gennaio ha sottolineato l’opportunità di “dare una chance” al nuovo esecutivo, mentre le perduranti mobilitazioni di piazza confermavano la persistente chiusura di forze e settori intenzionati a non concedere nessuna apertura di credito al nuovo esecutivo. In Libano, nel sistema istituzionale basato sull’equilibrio tra le diverse componenti confessionali, il capo del governo deve essere musulmano sunnita, mentre il presidente del parlamento deve essere uno sciita e il presidente della Repubblica deve essere un cristiano maronita.

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