Diocesi: Caritas Oria, inaugurata la boutique della solidarietà

Arriva ad Oria la boutique della solidarietà. Un negozio in cui trovano spazio cappotti e borse, pantaloni, cinte, scarpe, abbigliamento per i più piccoli. Ciascuno nel suo reparto. Capi appesi come in un qualunque negozio, camerini per poter valutare taglia e vestibilità e volontari Caritas nei panni di solerti commessi, pronti a consigliare. Un’attività che nasce in continuità e come estensione dell’Emporio della solidarietà (stesso meccanismo ma per derrate alimentari), che in questa diocesi funziona già da tre anni con successo. Anche per la boutique, gli acquisti sono vincolati ad una card a punti ricaricata mensilmente sulla base delle necessità appurate dal centro d’ascolto Caritas. Ogni utente riceve la tessera ed un budget punti ed ogni prodotto è prezzato con un punteggio. Un valore che non ha a che fare con il denaro ma necessario perché anche chi vive l’indigenza, come un qualunque avventore, possa decidere con responsabilità e libertà, da soggetto attivo, sulla base delle proprie esigenze. Il vescovo della diocesi di Oria, mons. Vincenzo Pisanello, ha inaugurato la boutique lo scorso weekend. “E già dal primo giorno di apertura – spiega il direttore della Caritas diocesana, don Alessandro Mayer – abbiamo ‘venduto’. Gli avventori sono diversi, dalle famiglie in difficoltà per la crisi economica ai senzatetto che una boutique non l’hanno mai frequentata. A nessuno viene chiesto nulla della sua storia, una volta in negozio. Si entra, si sceglie, ci si fa consigliare, nell’anonimato. Poi è chiaro che i commessi sono in realtà volontari, preparati per accogliere anche chi volesse aprirsi, parlare di sé”. I numeri dell’emporio, in tre anni, sono notevoli. “Siamo arrivati a 928 tessere e 340 famiglie diverse aiutate. Oltre 1.200 persone – prosegue don Alessandro – in un luogo di 170mila abitanti per un valore commerciale indicativo che abbiamo considerato superiore ai duecento mila euro. Ed è solo uno dei servizi Caritas. Ci aspettiamo lo stesso per questo nuovo progetto della boutique. Intanto l’abbiamo attrezzata con un piccolo impianto di igienizzazione, con camera ad ozono, che elimina microbi ed eventuali cattivi odori. Abbiamo anche lavatrice ed asciugatrice industriale. I capi che non sono nuovi, con questo processo, in realtà vengono rigenerati ma la maggior parte sono comunque abiti mai messi, avanzi di magazzino che provengono da donazioni di attività commerciali o da sequestri giudiziari. Ciascun capo viene poi etichettato con il nome della boutique e dotato di un codice a barre per il passaggio in cassa. È anche un modo per sostenere il riciclo. L’idea in realtà ci è venuta proprio così, dalla tanta roba che come Caritas ci veniva donata e volevamo valorizzare. Ora stiamo lavorando anche ad un protocollo, delle regole precise per chi vuole donare. Il primo criterio è: se lo posso mettere ancora, allora posso portarlo in boutique”.

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