Consumi: Nomisma, il 94% degli italiani propenso ad acquistare green, ma meno della metà vuole spendere di più per prodotti ecosostenibili

La domanda di prodotti compatibili con l’ambiente vale nella grande distribuzione organizzata (Gdo), circa 6,5 miliardi di euro. L’indicazione è emersa oggi nel corso della presentazione dei dati dell’Osservatorio Packaging del largo consumo di Nomisma in collaborazione con Spin Life presentato a Marca 2020 di Bologna, una delle manifestazioni di riferimento nell’ambito della distribuzione moderna.
“Tra gli italiani – spiega una nota di Nomisma –, è forte la sensibilità verso i temi ambientali, la crescente attenzione alla sostenibilità genera consapevolezza del proprio ruolo e porta alla definizione di nuovi modelli di acquisto”: il 94% è propenso ad acquistare prodotti green.
È per questo che nel 2019, 1 azienda su 5 ha previsto di effettuare investimenti in tecnologie green (21,5% a fronte di un più timido 14,3% registrato solo 8 anni prima). Non solo, il 56% delle imprese ha già adottato comportamenti per ridurre l’impatto ambientale e il 13% ha investito in processi di economia circolare.
La ricerca sottolinea che “salvaguardare l’ambiente è una priorità anche per i consumatori italiani” tanto che il tema è ritenuto fra quelli da “inserire nelle priorità dell’agenda politica dal 37%” della popolazione ed è secondo solo a disoccupazione (56%) e fiscalità (39%).
Il 42% degli italiani vede nei prodotti biologici quelli a più alta sostenibilità mentre il 37% individua in una confezione fatta con materiali riciclati o a basso impatto ambientale l’attributo distintivo di un prodotto sostenibile. Importante anche l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili in fase di produzione (31%) e la garanzia di un giusto reddito ai lavoratori (24%).
Ma, viene fatto anche notare dall’Osservatorio Nomisma, “emerge come il 35% dei consumatori valuti insufficiente l’impegno delle aziende nella riduzione dell’impatto ambientale della confezione dei prodotti, un altro 62% giudica quanto messo in campo finora appena sufficiente. Mentre il 41% non è disposto a pagare di più e a questi si aggiunge un ulteriore 26% che dichiara una disponibilità molto bassa a sostenere un differenziale di prezzo”.

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