L’agroalimentare del nord Italia ha grandi potenzialità produttive e una buona dotazione infrastrutturale, ma soffre ancora nei confronti della concorrenza europea. Un divario che rischia di allargarsi se non interverranno misure importanti di politica industriale e alimentare. È il messaggio lanciato dalla quarta edizione di “Grow!”, l’Action Tank del coordinamento di Agrinsieme che riunisce Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative agroalimentari che a Bologna ha affrontato il tema “Il ruolo delle infrastrutture per l’agricoltura del Nord”.
Alla base dell’analisi dei rappresentanti del comparto è stato uno studio di Nomisma che ha sottolineato come la dotazione delle infrastrutture materiali del Nord Italia appaia “buona rispetto al resto del Paese, pur se caratterizzata da una diversa intensità a livello territoriale”. In particolare, il Nord-Ovest può contare su una media di 41 km di reti viarie per impresa a fronte dei 26 km/impresa del Nord-Est, numeri nettamente superiori a quelli del Sud. “Anche a livello di infrastrutture immateriali – dice sempre il rapporto –, le Regioni del Nord presentano un’alta e crescente diffusione di reti digitali. Quanto all’utilizzo di internet da parte delle imprese il quadro appare meno netto: nel Nord-Ovest circa il 50% delle imprese usa attivamente internet nelle attività operative e commerciali, mentre nel Nord-Est l’incidenza scende al 46%, a fronte di una media nazionale del 48%”.
Pur con tutto questo, se si confrontano i numeri del Nord Italia con quelli dei principali competitor europei emerge tutto il divario che pesa a sfavore dell’Italia. “La dotazione media di infrastrutture materiali, infatti, pari a 797 km ogni 1.000 km² nel Nord-Ovest e a 774 km ogni 1.000 km² nel Nord-Est, risulta nel complesso inferiore alle aree del Regno Unito (2.483 km/1.000 km²), della Francia (2.266 km/1000 km²) e della Germania (1.028 km/1.000 km²); anche in riferimento alle infrastrutture immateriali emerge un distacco rispetto ai competitor Ue”.
Da questa situazione derivano conseguenze importanti. “Mentre nel 2008 – dice ancora Agrinsieme –, il differenziale nel solo export agricolo tra l’Italia e la Spagna era pari al 92%, dieci anni dopo la forbice si è allargata fino al 168%, con l’export degli spagnoli a superare i 20 miliardi di euro contro i nostri 7 miliardi. Vale la pena di ricordare che nel Settentrione si concentra circa il 60-70% dell’export agricolo e alimentare nazionale, per un valore complessivo che nel 2018 è stato di circa 30 miliardi di euro”.