Turismo conviviale: don Gianola (Cei), “impariamo a gustare le cose, a riacquisire l’orizzonte contemplativo dell’esistenza”

L’importanza del sostare e del contemplare accompagnata, nello scorrere delle slide proposte ai numerosi presenti, dall’immagine di un pattinatore. Così don Michele Gianola, direttore dell’Ufficio nazionale per la Pastorale delle vocazioni, sul “continuo velocizzarsi dei mezzi di trasporto, delle comunicazioni, del ritmo delle cose” che, citando Benedetto XVI, “porta inesorabilmente verso la superficie e rende faticoso sostare”. Ne ha parlato al Simposio sul turismo conviviale in corso ad Acireale per iniziativa dell’Ufficio Cei per il Tempo libero, turismo e sport.
All’appuntamento in Sicilia dal titolo “Verso un modello italiano di cammino di fede”, intervenendo nella sessione in corso – la prima –, dedicata a “Il senso: ricerca, guarigione e trasfigurazione”, don Gianola ha detto che “in fondo al cuore dell’uomo, come centro vitale della persona, l’identità vera è la figliolanza: nel nucleo caldo della nostra anima c’è la voce dello Spirito che annuncia sempre che noi siamo figli di Dio. Questo il punto di partenza della fede, punto di arrivo del cammino spirituale, dal quale riparte. Per raggiungerlo – aggiunge, con la Laudato si’ – occorre imparare a gustare le cose, ad indugiare, a riacquisire l’orizzonte contemplativo dell’esistenza che permette di riconoscere l’incontro dell’umano e del divino in tutte le cose”.
Unendo l’esperienza dei cammini di fede propri dell’Ufficio per la Pastorale del Tempo libero, turismo e sport a quelli proposti dalla Pastorale vocazione, don Gianola propone “l’esperienza della trasfigurazione”, l’unica capace di “cambiare gli occhi e consentire di vedere attraverso la superficie il vero senso, il principio dal quale sono tratte: la vita di Dio. Imparare camminando a riconoscere i gesti di comunione e di fraternità, di condivisione, di accoglienza, di perdono – ha detto – è la possibilità di veder sorgere dalla storia la vita di Dio. E, ascoltandone il grido, intuire la propria vocazione”.

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