Maria Vingiani: Stefani (Sae), “figura fondamentale e pioneristica per l’ecumenismo in Italia”, “una laica al servizio delle Chiese”

“La figura di Maria Vingiani è stata fondamentale per l’ecumenismo in Italia”. Lo dice al Sir Piero Stefani, attuale presidente del Segretariato attività ecumeniche, nel suo tributo alla fondatrice del Sae, scomparsa stanotte, a quasi 99 anni (li avrebbe compiuti a febbraio). La donna è stata pioniera del movimento ecumenico in Italia e fondatrice, per l’appunto, negli anni del Concilio Vaticano II del Segretariato per le attività ecumeniche.
La sua importanza, evidenzia Stefani, si lega, innanzitutto, “alla precocità della sua intuizione: una donna, laica che già nei primi anni Cinquanta, quando lo spirito dell’ecumenismo era estremamente basso, aveva dei rapporti con altre comunità. Soprattutto, voglio ricordare la spinta data nel mondo cattolico in coincidenza con il Concilio Vaticano II. Maria, in quanto assessore alle Belle Arti del comune di Venezia, aveva avuto contatti con il patriarca di Venezia, il card. Angelo Roncalli, divenuto poi Papa Giovanni XXIII. Vingiani trasferì immediatamente lo spirito del Concilio in un’associazione che ha riconosciuto nell’apertura ecumenica un modo di essere Chiesa, pur mantenendo la sua caratteristica di associazione laica, in rapporto con tutte le Chiese, ma non dipendente da loro. È stata una donna laica al servizio delle Chiese, come l’associazione che da lei è nata”.
Il presidente del Sae ricorda “la mediazione fondamentale di Maria Vingiani per l’incontro tra lo storico ebreo Jules Isaac e Giovanni XXIII. Nell’udienza concessa dal Pontefice Isaac chiese che il Concilio si occupasse del rapporto con gli ebrei e del ‘cambiamento dell’insegnamento del disprezzo’, come diceva lo stesso storico ebreo. E proprio un aspetto di originalità del Sae è che è sì un’associazione interconfessionale per l’ecumenismo e il dialogo, ma a partire dal dialogo ebraico-cristiano. Questa radice del dialogo con gli ebrei è stata indicata in modo pioneristico da Maria Vingiani, per la quale uno degli eventi più importanti della sua vita era stato il rapporto di amicizia con Jules Isaac. C’è questa originalità del Sae che, grazie all’intuizione di Maria, porta ancora in dono, ossia il rapportare l’ecumenismo intra cristiano con il dialogo ebraico-cristiano”.
Stefani sottolinea come “Maria sia morta proprio nella Giornata che la Chiesa italiana dedica al dialogo ebraico-cristiano, istituita quando Vingiani era nella Commissione Cei per l’ecumenismo, su sua sollecitazione”.
Qual è l’eredità oggi di Maria Vingiani? “In tempi molto diversi da allora – risponde il presidente del Sae – mantenere il fatto che le Chiese cristiane storiche possano trovare un rapporto profondo tra loro soltanto guardando alla loro origine e, quindi, al rapporto con il popolo di Israele. Questo rimanda a una ricerca di tipo teologico significativo e, nello stesso tempo, a un modello di dialogo da offrire alla società incattivita di oggi, nella quale la necessità di dialogo è evidente e la pratica del dialogo è debole. È un’eredità che deve mantenere le linee di quanto già segnato e adeguarsi ai segni dei tempi, espressione molto cara a Maria: quindi, leggere il nostro tempo sulla scorta delle indicazioni che ci vengono dal Concilio, dalla cultura ecumenica e dal dialogo ebraico-cristiano”.
I funerali di Maria Vingiani si terranno giovedì prossimo a Mestre.

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