“Quando si dice ‘Parola di Dio’ si afferma una verità, ma che non è completa perché la Bibbia è Parola di Dio e parola dell’uomo. È un dialogo. I Salmi sono preghiere, segno che, come sostiene il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer, la Bibbia non è soltanto la parola di Dio rivolta a noi ma anche la parola che Dio si attende, rivolta da noi a Lui”. Ne è convinto il card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura, che in un’intervista al Sir a pochi giorni dalla prima “Domenica della Parola di Dio”, istituita da Papa Francesco con la Lettera apostolica in forma di Motu proprio “Aperuit Illis”, che si celebrerà il prossimo 26 gennaio, traccia l’identikit della Bibbia, ne delinea lo stato di salute e invita a “scommettere sui nuovi linguaggi”. La Bibbia, spiega, “non è un catechismo contenente asserti precisi e teoremi puntuali, formulati in maniera ineccepibile in una sorta di atelier teologico; è una storia; suppone una vicenda emblematica sulla quale devono essere confrontate tutte le vicende personali. Dio, che ha deciso di incarnarsi attraversando la nostra storia dice: devi decifrare la mia presenza anche lì; presenza di giudizio ma anche di salvezza. Per questo bisogna fuggire la tentazione di una lettura spiritualistica della Bibbia: la ‘carne’ della Parola e il Lògos trascendente devono essere intrecciati tra loro”. Ravasi esprime apprezzamento per l’iniziativa del Papa, perché occorre “riscoprire la Bibbia, ‘riappropriarsene’ con la passione degli anni postconciliari come lampada per il cammino”. La Sacra scrittura è inoltre “grande codice della cultura occidentale” e “nodo d’oro che tiene insieme il dialogo ecumenico” e “il dialogo interreligioso”.