“Parma 2020 capitale italiana della cultura costituisce un grande impegno. Non può essere quindi soltanto lo scintillio di un momento, né un’operazione di marketing: è per tutti il fermo immagine della nostra storia, per riprendere una proiezione sul futuro, senza l’esclusione di nessuno”. Lo scrive il vescovo di Parma, mons. Enrico Solmi, nel messaggio in occasione della festa del patrono, sant’Ilario, dal titolo: “Francesco va’, ripara la mia casa”, in concomitanza con l’inaugurazione di “Parma 2020, capitale italiana della cultura”. Un titolo che “riserva grandi potenzialità per ‘riparare’ l’intera comunità”. “Più che una vetrina o una autocelebrazione – spiega il presule -, quest’anno rappresenta un’occasione unica per guardare in avanti, poggiandosi sulle spalle di una ricca storia”. Nelle parole del presule anche ciò che non va: i 239 sfratti attuati nel 2019. “Un dato inquietante da valutare con attenzione e da affrontare con proposte attuabili”. Altrettanto “urgente” viene indicata la richiesta di case accessibili. “Parma 2020 capitale italiana della cultura non è soltanto un crescendo di cose belle da vedere o un indotto che aumenta gli introiti – sostiene mons. Solmi -, ma può e deve significare e stratificare livelli diversi di benefici, partendo da un rinnovato amore per la città, ponendo alla sua base la creativa armonia di ‘bello e buono’ e di ‘giusto e vero’”. Ricordando che “anche oggi a Parma ci sono i poveri”, il vescovo indica “la proposta della Chiesa” per “Parma 2020 capitale italiana della cultura” che “non può prescindere dalla carità e dalla solidarietà”. “Parte integrante di questa proposta sono un itinerario nei luoghi della carità; la presentazione del Rapporto Caritas sulla povertà e l’associare alla mostra dei mesi dell’Antelami un’iniziativa solidaristica volta a ‘riparare’ almeno una casa perché sia messa a disposizione di persone che non l’hanno”.