“La presenza etiopica entro le Mura Vaticane, dapprima della chiesa e dell’ospizio dei pellegrini, e da cento anni del Collegio, ci riconduce ad una parola: accoglienza”. Lo ha detto il Papa, ricevendo in udienza la comunità del Pontificio Collegio Etiopico in Vaticano in occasione del centenario della fondazione. “Presso la tomba dell’Apostolo Pietro hanno lungo i secoli trovato casa e ospitalità i figli di popoli lontani geograficamente da Roma, ma così vicini alla fede degli Apostoli nel professare Gesù Cristo Salvatore”, ha proseguito Francesco, citando le parole “molto belle” del grande monaco Tesfa Sion, Pietro l’Etiope, sulla lapide nella chiesa di S. Stefano degli Abissini, che “arricchì con la sua sapienza la Curia Romana e curò la stampa del Nuovo Testamento in lingua etiopica”: “Io stesso sono etiope, peregrino da luogo a luogo. Ma in nessun luogo, fuorché in Roma, ho trovato la quiete dell’animo e del corpo; la quiete dell’animo perché quivi è la vera fede; la quiete del corpo, perché quivi ho trovato il Successore di Pietro che ci favorisce nelle nostre necessità”. ”Voi sacerdoti studenti, provenienti dall’Etiopia e dall’Eritrea, due Chiese unite dalla medesima tradizione, portate anche oggi in mezzo a noi la ricchezza della storia delle vostre terre, con le antiche tradizioni, la convivenza tra uomini e donne appartenenti alla religione ebraica e a quella islamica, oltre che insieme ai numerosi fratelli della Chiesa Ortodossa Tewahedo”, l’omaggio del Papa: “Ho potuto conoscere qui a Roma il Patriarca Sua Santità Mathias di Etiopia, al quale invio il mio saluto fraterno”.