Libertà religiosa

Eritrea: don Zerai (Habeshia), “la Chiesa è tollerata solo se rimane dentro le sacrestie”

“Nei centri medici metteranno personale scelto dal governo, probabilmente attingendo al servizio militare a tempo indeterminato. E temo che dopo la sanità passeranno anche all’educazione. La Chiesa cattolica eritrea gestisce 50 scuole, dalle elementari alle superiori, oltre ad un centinaio di asili nido”. A parlare al Sir della situazione eritrea è don Mussie Zerai, sacerdote della diocesi di Asmara, presidente dell’agenzia Habeshia, già candidato al Nobel per la pace nel 2015 per il suo impegno a favore dei migranti. Lo scorso 12 giugno militari, poliziotti e rappresentanti del ministero della sanità hanno confiscato 21 ospedali e cliniche cattoliche. Insieme ad altri 8 centri già requisiti due anni fa, sono 29 in totale, le strutture sanitarie di proprietà di congregazioni religiose o diocesi forzate alla chiusura. Le case dei religiosi sono state circondate e sorvegliate, tra insulti, intimidazioni e minacce al personale, con pazienti gravi costretti alle dimissioni. Centinaia di operatori sanitari che lavoravano nelle cliniche cattoliche hanno perso il posto di lavoro. E circa 200.000 persone, di tutte le religioni, che usufruivano di questi servizi in zone molto povere, rurali e isolate, non potranno più disporre di cure mediche. I vescovi eritrei hanno inviato il 13 giugno una lettera di richiesta di spiegazioni al ministro della salute, denunciando “l’aperta violazione dei diritti della Chiesa”. Nessuna risposta ufficiale è ancora arrivata. Tra le realtà cattoliche che li gestivano da decenni spiccano i nomi delle missionarie comboniane, le Figlie di Sant’Anna, le Suore della Carità, le Cappuccine, le diocesi eritree. Secondo don Zerai “la Chiesa è tollerata solo se rimane dentro le sacrestie. Quando si occupa delle persone, come sua caratteristica, allora diventa un problema”. “Una suora arrestata il 12 giugno è stata rilasciata”, informa, ma sono ancora in carcere “cinque monaci ortodossi ultrasettantenni. Un patriarca ortodosso è agli arresti domiciliari da 14 anni. 140 fedeli delle Chiese pentecostali, dichiarate illegali nel Paese, sono stati arrestati. La polizia ha fatto irruzione perfino durante un matrimonio, arrestando gli sposi”. Intanto il governo italiano fa orecchie da mercante. “L’Italia ha molti interessi politici ed economici – afferma -. Insieme all’Unione europea potrebbe mediare e spingere il governo eritreo ad aprirsi e a rispettare i diritti e la democrazia. Invece sta invitando gli imprenditori italiani ad investire in Eritrea. Ma con quali garanzie se il settore privato viene ucciso?”. La diaspora eritrea sta chiedendo all’Unione europea e agli Stati Uniti di fare maggiore pressione diplomatica “perché la situazione sta peggiorando sempre di più – conclude -. L’Italia non può diventare complice”.