Rapporto Oms
Parlando di salute dei migranti, in questi anni si è ritenuto, a torto, che il grande problema fossero le malattie infettive, ma non è così. A sfatare un pregiudizio di lunga data è il primo Rapporto sulla salute dei rifugiati e dei migranti nella regione europea dell’Oms presentato oggi a Roma, presso il ministero della Salute. Prodotto dal “Migration and Health Program” dell’Organizzazione, con il contributo scientifico e il supporto finanziario dell’Inmp (Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e il contrasto delle malattie della povertà), il report rivela che alcuni migranti e/o rifugiati “possono essere più vulnerabili sia nei luoghi di origine, sia di transito che di destinazione” ma che “vi è un rischio molto basso di trasmissione di questa malattie alla popolazione dei Paesi ospitanti”. La maggior parte di coloro che giungono nei Paesi europei è sostanzialmente in buona salute, confermando l’ipotesi del “migrante sano”, legata alle buone condizioni di tali individui alla partenza, spiega Gianfranco Costanzo, direttore sanitario Inmp: “Sono poi fattori negativi legati a scarsa o mancata integrazione, quali precarietà, povertà, emarginazione e scarsa possibilità di accesso ai servizi sanitari a ‘minare’ il loro capitale di salute facendo emergere il profilo del ‘migrante esausto'”. A presentarsi o ad acuirsi sono soprattutto le problematiche legate alla salute mentale e alla salute materno-infantile. Tra le prime il disturbo post traumatico da stress conseguente al viaggio o a alle condizione di detenzione; oppure, una volta raggiunto il Paese di destinazione, la depressione dovuta a cattive condizioni socioeconomiche e/o isolamento sociale”. Per quanto riguarda invece la salute materno-infantile, il rapporto rivela esiti peggiori correlati alla gravidanza tra le donne migranti, mentre “fattori protettivi” sono un migliore livello di istruzione, conoscenza della lingua, efficacia delle politiche di integrazione. E ancora: tra gli uomini i migranti hanno incidenti sul lavoro in percentuale maggiore rispetto ai cittadini residenti, con grande diversità di condizioni di impiego e di accesso alla protezione sociale e sanitaria. Rifugiati e migranti sembrano presentare un rischio più basso per quasi tutte le neoplasie ma “è più probabile che queste possano essere diagnosticate in una fase più tardiva rispetto alla popolazione ospite”. Per quanto riguarda l’accesso ai servizi sanitari nella regione europea, il rapporto presenta un quadro “molto variegato” che dipende da diversi fattori: status giuridico (condizione di regolarità nel Paese), organizzazione dei servizi e loro gratuità.