Sanità

Malattia: mons. Paglia (Pav), la Chiesa propone il “magistero della fragilità”. Di fronte alla sofferenza la “forza dell’amore che sa commuoversi”

Di fronte ad una società che esclude anziani e malati e di fronte ad una scienza medica che vuole “potenziare” l’umano, la Chiesa propone il “magistero della fragilità” per aiutare uomini e donne a riscoprire la loro vera vocazione umana. Lo ha ricordato questo pomeriggio mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, nella sede della Fondazione Lanza, a Padova, intervenendo al convegno sul tema “La fragilità umana come risorsa. Riscoprire il senso del limite di fronte alla sfida del dolore”. A promuovere l’appuntamento il Comitato etico per la pratica clinica dell’Istituto oncologico veneto. La “fragilità” non è dannosa, ha esordito Paglia. “La fragilità spinge l’uomo a chiedere ascolto, gentilezza, amore, compagnia. Mentre l’autonomia e l’autosufficienza sognano un’impossibile salute piena. Le persone consapevoli della loro fragilità sentono il bisogno degli altri, sanno invocare aiuto, sanno pregare, sanno suscitare una forza di solidarietà e ritessere perciò le lacerazioni”. “Potremmo dire che c’è un magistero della fragilità” in “controtendenza” rispetto alle “richieste di impiego della medicina nella linea del potenziamento (enhancement) che mostrano qui tutta la loro ambiguità. Se occultano il senso del limite, non porteranno a un vero progresso sociale”. Vero progresso, per il presidente della Pav, è riuscire a “dare un senso all’esistenza”, sapendo che qualunque progresso medico, scientifico, culturale, “non potrà mai proteggere dal dolore”. “Anche la compagnia di Dio – ha insistito – non protegge da ogni dolore; sempre però ci sostiene e mai ci abbandona”.
La vera cura “è relazione” e la sofferenza va trasformata in occasione di “crescita personale”. La fede, da parte sua, “non invita a rassegnarsi alla sofferenza. Semmai aiuta a combatterla e, se possibile, ad eliminarla. E la ragione di questa forza sta nell’amore che sa commuoversi, come quello che viene descritto dalla pagina evangelica del buon samaritano”, un amore “che cambia il corso della storia e blocca la forza del male”. Spesso, il monito dell’arcivescovo, “si fa strada la convinzione che di fronte alla forza del male e della malattia nulla possiamo con le nostre forze. In realtà, la vicinanza affettuosa fatta di gesti magari piccoli ma pieni di amore, ha una forza nascosta ma efficace di guarigione e di consolazione. Gesù ne ha dato per primo l’esempio”. Oggi – ha concluso Paglia – in “una società in cui si vive sempre più soli e isolati è grande il bisogno di condividere il proprio dolore. Riversarlo nel cuore di un amico lo rende più leggero, più sopportabile e fa vedere la speranza che il male può essere vinto. È la grande risorsa della fragilità umana”.