Diritti umani

Brasile: uccisa nel Pará l’attivista sociale Dilma Ferreira da Silva

Sta suscitando forte impressione in Brasile l’uccisione, avvenuta il 22 marzo scorso, di Dilma Ferreira da Silva, leader del Movimento delle persone danneggiate dalla costruzione di dighe (Mag, l’acronimo in portoghese). Il fatto è accaduto a Tucuruí, nello stato del Pará e insieme a lei sono stati uccisi anche il marito della Ferreira e un amico di famiglia. Le tre persone sono state imbavagliate, brutalmente torturate e uccise a coltellate. Ancora nel 2011 Dilma Ferreira aveva presentato una proposta alla presidente Dilma Rousseff perché venisse approvata una legge rivolta specificamente alle popolazioni che avevano ricevuto un danno a causa della costruzione di dighe. Commenta al Sir padre Dario Bossi, missionario comboniano che vive nello stato del Pará: “Impegnata nel Movimento de Atingidos por Barragens, Dilma denunciava gli impatti negativi dei grandi progetti sul fiume Tocantins, la culla delle comunità in cui era cresciuta. La grande diga di Tucuruí aveva invaso, 30 anni prima, le terre della sua gente. Da allora, Dilma non aveva cessato di organizzare la sua gente perché cessasse lo sfruttamento del fiume Tocantins, a scapito dei diritti della natura e della gente che vive grazie al fiume e attorno al fiume”. Il vescovo di Cametá, dom Altevir da Silva, ha denunciato l’eccidio: “La Chiesa ripudia veementemente questo assassinio”, ha detto. E “reclama la presenza dello Stato e la risoluzione delle innumerevoli inchieste mai portate a termine, e la punizione dei responsabili”. Ieri, intanto, la Polizia ha arrestato il sospettato mandante dell’eccidio, il fazendeiro Fernando Ferreira Rosa Filho. Conclude padre Bossi: “Gli assassinii e lo sterminio nelle regioni interne del Brasile sono in continuo aumento. Si afferma sempre più l’interesse dei potenti, che vivono nella libertà e nell’impunità, pronti a difendere la loro terra ed i loro affari con le armi e la violenza. Lo abbiamo denunciato nei giorni scorsi a Washington, in udienza all’Office on Foreign Affairs del Congresso degli Stati Uniti, in una missione della Rete ecclesiale panamazzonica (Repam). Più la linea del Governo brasiliano si fa arrogante e belligerante, più cresce il senso di autogestione violenta dei conflitti, nelle periferie del paese. È urgente una svolta di pace, che cominci con il diritto alla vita, alla terra e al territorio delle popolazioni originarie, dei pescatori, delle famiglie di agricoltori locali”.