Società

Bolivia: vescovi, “la legge sulla libertà religiosa è un passo in avanti”. La Ceb creerà Commissione sugli abusi

La nuova legge sulla libertà religiosa “rappresenta un passo in avanti rispetto alla legislazione anteriore. Sono stati chiariti aspetti importanti come, tra gli altri, la personalità giuridica, l’aspetto tributario, così come il diritto dei genitori a scegliere l’educazione religiosa per i loro figli”. Lo scrive la Segreteria generale della Conferenza episcopale boliviana (Ceb) in una nota presentata ieri in conferenza stampa, alla presenza del segretario generale della Ceb, mons. Aurelio Pesoa, vescovo ausiliare di La Paz. Il comunicato dell’episcopato boliviano evidenzia, tuttavia, anche alcuni vuoti nella legge e la mancanza di un accordo in profondità tra i soggetti implicati nell’accordo. Uno degli aspetti mancanti, ad avviso della Ceb, è la mancanza di un “riconoscimento esplicito al diritto all’obiezione di coscienza”. Il tema è tornato d’attualità di recente, quando due medici si sono rifiutati di praticare un aborto in un ospedale a Sucre, così come indicato invece dalla direzione sanitaria. Una contraddizione, secondo i vescovi, in quanto “la Sentenza costituzionale 206 conferma che l’aborto è un delitto per la legislazione boliviana e, pertanto, non si può costringere nessuno a commettere un delitto”. Il comunicato della Ceb si esprime, infine, sui casi di denunce riguardo ad abusi sessuali che coinvolgono la Chiesa e, in particolare, sulla situazione di un sacerdote della diocesi di Potosí. Per i vescovi, “in comunione con Papa Francesco”, i casi di abuso “devono essere giudicati con assoluta rigorosità, rispettando i diritti e sanzionando chi risulti responsabile, sia nell’ambito della giustizia ordinaria sia in quello del diritto canonico”. L’attenzione prioritaria dev’essere riservata alle vittime. Nel caso specifico, il sacerdote, che si trova in stato di carcere preventivo, è stato sospeso dal ministero. La Ceb creerà prossimamente una commissione nazionale sugli abusi.