Relazione 2019
“I trattamenti sanitari obbligatori determinano di per sé – qualunque siano le condizioni della loro attuazione – una intrinseca coercizione della volontà personale e, quindi, una privazione della libertà dell’individuo di autodeterminarsi”. Lo ha sostenuto, oggi, Mauro Palma, garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, presentando la Relazione al Parlamento 2019, a Palazzo Montecitorio, a Roma. Innanzitutto, il garante ha rivolto al Parlamento “la proposta di prevedere legislativamente l’adozione di un registro nazionale di tali trattamenti” e poi ha messo in guardia dal rischio di percorsi che sfociano “in una implicita e progressiva istituzionalizzazione”. “Questa criticità – ha detto Palma – diviene ancora più forte quando si aggiunge il ricorso a forme di contenzione, meccanica, farmacologica o ambientale, a volte attuate come intervento impropriamente terapeutico”. La logica che sottende tali interventi, ha spiegato, “è sempre più quella della sottrazione, spesso anche al fine di proteggere la persona dalla propria autodistruzione: si tolgono cose, a volte si tolgono abiti, si finisce per togliere soggettività. Il tutto nei confronti di persone che avrebbero forse bisogno invece di addizione: maggiore vicinanza, maggiore autonomia, maggiori opportunità di recupero della propria dimensione esistenziale”.
Palma ha insistito: “La necessità di agire sull’addizione e non sulla sottrazione riguarda, in modo specifico, lo sguardo che tutte le Istituzioni devono volgere verso le strutture di residenzialità delle persone disabili o anziane che troppo spesso si trovano nella loro concreta vita quotidiana a essere private della libertà personale”. Di qui la richiesta a Parlamento e Governo di “rimuovere ogni ostacolo alla loro autodeterminazione” e alla società nel suo complesso di “orientare ogni azione a garantire a ogni persona l’orizzonte dell’integrazione positiva e mai il consolidamento di una situazione che si traduca in una minorità nell’esercizio della propria soggettività”.