Indagine

Unione europea: parlamentari italiani, francesi e tedeschi favorevoli ad una maggiore integrazione e al rafforzamento del Parlamento europeo

Maggiore integrazione in Europa nei campi dell’immigrazione e delle politiche di difesa, attribuzione dell’iniziativa legislativa al Parlamento europeo (al momento competenza esclusiva della Commissione) e incremento della spesa di investimento nazionale per stimolare la crescita economica. Sono i punti sui quali i parlamentari nazionali francesi, tedeschi e italiani hanno opinioni convergenti, anche se in generale i parlamentari tedeschi sono più riluttanti a dare maggiori competenze all’Ue rispetto ai loro colleghi italiani e francesi. È quanto emerge dalla ricerca “United We Stand? – Survey Results on the Views of French, German and Italian Parliamentarians on EU and EMU Reforms” effettuata sottoponendo un questionario a tutti i parlamentari italiani, francesi e tedeschi. L’iniziativa è dell’Università Cattolica, realizzata in collaborazione con l’École Polytechnique di Parigi, l’Università di Mannheim e di ZEW – Leibniz Centre for European Economic Research. Il tasso di risposta medio (12,74%) è stato in linea con quelle di altre ricerche dello stesso tipo. Gli italiani sono però abbondantemente sotto la media, con meno dell’8,5% di parlamentari che ha risposto.
Le domande sottoposte hanno riguardato le politiche su energia, immigrazione e difesa, i salari e la regolamentazione del mercato del lavoro. Tra i dati che emergono, quelli relativi ad investimenti nazionali più elevati che trovano supporto nella maggior parte dei partiti in tutta Europa (anche se in Germania il sostegno è più debole), comprese le forze di governo in Italia.
Per quanto riguarda le principali famiglie politiche, i parlamentari che appartengono a partiti che a livello europeo aderiscono al gruppo dei Socialisti e democratici (S&D) sono ovunque più favorevoli a processi di integrazione europea, mentre i parlamentari appartenenti al gruppo dei Popolari (Ppe) frenano ovunque. “I popolari – si legge in una nota – sono più favorevoli a politiche di liberalizzazione del mercato del lavoro e sospettosi di ogni forma possibile di aumento della tassazione, mentre i social-democratici sono soprattutto favorevoli a ipotesi di aumento della domanda (gli investimenti) e contrarissimi ad ogni ipotesi di flessibilità ulteriore del mercato del lavoro”.