Guerra

Siria: Caritas italiana, un dossier a otto anni dall’inizio del conflitto

“Oltre 500.000 morti, 83% della popolazione in condizione di povertà, quasi 6 milioni di rifugiati e più di 6 milioni di sfollati interni. 11.700.000 di persone in bisogno di assistenza umanitaria, di cui 5 milioni di bambini, 13.200.000 quelle bisognose di assistenza medica, circa 9 milioni di persone non hanno cibo a sufficienza per vivere”: sono alcuni dei numeri che emergono dal Dossier che Caritas Italiana dedica alla Siria e diffuso oggi, 15 marzo, a otto anni dall’inizio del conflitto. Il testo passa in rassegna e incrocia dati e statistiche fornite da organismi internazionali relativi al Paese in guerra e traccia un quadro degli impegni e dei progetti di solidarietà messi in atto dalla stessa Caritas. “Ad oggi, una scuola su tre risulta inagibile o gravemente danneggiata, perché colpita deliberatamente. Nel corso del 2018 gli attacchi alle strutture scolastiche sono aumentati del 65% rispetto all’anno precedente. Nelle poche rimaste attive, nonostante i doppi turni ci sono classi da oltre 150 bambini. La mancanza di edifici educativi si somma alla mancanza di insegnanti: “più di 140 mila non sono più al loro posto di lavoro, perché morti o perché hanno lasciato il Paese. Questo scenario fa sì che 2,15 milioni di bambini e adolescenti non hanno la possibilità di frequentare la scuola, e molti tra loro non l’hanno mai avuta. Mentre altri 1,3 milioni sono a rischio di abbandono”. Il Dossier riporta la stima delle Nazioni Unite secondo la quale “dal 2011 al 2016 si sarebbero persi 226 miliardi di dollari di Pil, di cui 16 miliardi attribuibili al solo settore agricolo, che è stato colpito anche dalla più grave carestia degli ultimi 30 anni. Stiamo parlando – si legge – di una comunità in cui le radici socioeconomiche sono state completamente erose dalla guerra, con grave minaccia alla coesione sociale e al senso stesso di comunità”. Un altro problema che compromette la vita quotidiana di milioni di siriani è “la mancanza di documenti di identità o di proprietà, che secondo le Nazioni Unite affligge il 59% della popolazione. Non avere i documenti che provino l’identità o la proprietà di beni significa non essere nelle condizioni per potersi costruire un futuro”. Dati preoccupanti anche per la disoccupazione, che colpisce “più del 55% della forza lavoro”. In contesto di guerra civile, la disoccupazione “non solo causa povertà e frustrazione, ma amplifica il rischio, soprattutto per i giovani, di fare scelte sbagliate, come affiliarsi a milizie, estremisti e gruppi armati”. Tutti questi bisogni umanitari nel corso del 2018 sono stati coperti per poco più della metà: l’appello lanciato dalle agenzie delle Nazioni Unite, riferisce il Dossier, è stato di “3,36 miliardi di dollari, ma è stato coperto solo al 64,9%. La comunità internazionale, e gli stati che la compongono, secondo il Dossier Caritas, “non investono più quindi nell’aiuto umanitario, ma al tempo stesso la produzione e il commercio di armi sta toccando uno dei suoi picchi più alti, diventando una delle industrie mondiali più fiorenti”. Da qui la richiesta agli Stati, in linea con quella di Caritas Internationalis lanciato in occasione della terza conferenza per la Siria organizzata dall’Ue dal 12 al 14 marzo scorso, di chiedere “un aumento deciso delle risorse destinate agli aiuti umanitari per i siriani in patria, e per i rifugiati all’estero” e di vigilare “affinché i fondi siano utilizzati per il bene di chi ha più bisogno e non finiscano in mano a pochi, alimentando la corruzione e l’utilizzo strumentale a fini politici. Si dia priorità alla tutela delle minoranze e dei più deboli, con particolare riguardo alle donne e all’educazione dei bambini. In particolare l’investimento nell’educazione è fondamentale per il futuro del popolo siriano e per il mantenimento di una pace duratura”.