Convegno
“Un Paese civile come l’Italia non può vendere le armi ad un Paese come l’Arabia Saudita”. Lo ha affermato Sergio Bassoli, della Cgil e della segreteria di Rete della Pace, per il quale “se si segue la prospettiva secondo cui se non vendiamo noi, vendono altri, andiamo a sbattere”. “Abbiamo bisogno di imprese, ma di imprese con cui riusciamo a condividere cosa produrre e come produrlo”, ha aggiunto Bassoli. “L’industria della difesa è un asse non facilmente sostituibile, anche in termini di investimento e di ricerca”, ha replicato Guido Crosetto, presidente della Federazione delle Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza, che tuttavia si è detto poco ottimista rispetto al futuro dell’industria della difesa. “Nell’arco di pochissimi anni, non ne avremo più una: siamo in una fase in cui o si investe o si muore, dal momento che la ricerca è importantissima e la concorrenza franco-tedesca è fortissima”, ha lamentato Crosetto per il quale “non c’è settore che sia costretto a seguire le leggi come quello dell’industria della difesa”. “Ci muoviamo – ha assicurato – all’interno della legge e delle regole”. “Non può uno Stato invocare il rispetto delle leggi se è il primo a violarle”, gli ha fatto eco Franco Uda, della presidenza Arci e portavoce della Tavola Sarda della Pace, che ha definito la legge 185 del 1990 “una buona legge” che “oggi qualcuno vuole rimettere in discussione”. “Può essere migliorata, ma – ha avvertito – deve restare in quanto è una conquista ottenuta da una società impegnata per la pace”.