Porti chiusi

Sea Watch: Iacomini (Unicef Italia), “scegliere tra coerenza al programma politico o alle norme cui siamo vincolati”

“Siamo consapevoli che l’intransigenza sulla questione degli sbarchi nei porti italiani sia dettata da un’esigenza di coerenza rispetto a un programma politico, e non da altro”. Così Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, commenta quanto sta avvenendo nei confronti della nave Sea Watch, da giovedì scorso in rada al largo di Siracusa con a bordo 47 migranti. “Nessuno – prosegue Iacomini – ragionevolmente può pensare che il governo italiano o suoi singoli esponenti non abbiano a cuore la vita e la salute di altri esseri umani. Si tratta di una questione di principio, come del resto affermato espressamente dagli stessi ministri coinvolti”. Secondo il portavoce di Unicef Italia, “anche le richieste di non protrarre la sofferenza delle persone soccorse e di concedere loro un porto sicuro in tempi rapidi derivano dall’esigenza di essere coerenti a qualcosa: al diritto internazionale, alle convenzioni sui diritti umani, alla stessa Costituzione Italiana – norme e principi ai quali l’Italia si è liberamente e sovranamente vincolata nel corso della storia della Repubblica”. “Se dunque è una questione di principio mantenere chiusi i porti, lo è anche chiedere che queste persone – i bambini e le donne innanzitutto – siano accolte tempestivamente e con dignità. Si tratta di decidere quale dei due principi sia superiore all’altro e debba prevalere”, conclude Iacomini.