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Bambini rifugiati: Unhcr, 4 milioni non vanno a scuola. Al via campagna #Mettiamocelointesta per garantire accesso a istruzione

Sono circa 4 milioni i bambini rifugiati in tutto il mondo che non hanno la possibilità di andare a scuola (quasi 500mila in più rispetto allo scorso anno). E l’accesso all’istruzione tra i bambini e le bambine rifugiate non è uguale. Sono le bambine le più discriminate: per loro è ancora più arduo accedere all’istruzione e completare il corso di studi. Le ragazze rifugiate, infatti, hanno la metà delle probabilità di iscriversi ad una scuola superiore rispetto ai loro coetanei maschi. E purtroppo, matrimoni precoci, abusi e sfruttamento sono tra i principali rischi che corrono le bambine e le ragazze rifugiate che non hanno accesso all’istruzione. Per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza dell’istruzione per le bambine rifugiate e raccogliere fondi per garantire loro l’accesso a un’istruzione di qualità, l’Unhcr, agenzia Onu per i rifugiati, ha lanciato oggi a Roma la terza edizione della campagna #Mettiamocelointesta, con la partecipazione dei testimonial Cecilia Dazzi, Maria Chiara Giannetta e Francesco Pannofino. Fino al 17 febbraio sarà possibile sostenere la campagna con un sms o chiamata al numero solidale 45588. I fondi raccolti con la campagna andranno a sostenere il progetto “Educate a child”, avviato dall’Unhcr nel 2012 in 12 paesi: Siria, Iran, Pakistan, Yemen, Etiopia, Malesia, Kenya, Uganda, Ruanda, Sud Sudan, Ciad, Sudan. Più alto è il livello di istruzione delle bambine e delle ragazze rifugiate, “più elevate saranno le loro abilità in termini di leadership, capacità imprenditoriale e piena autonomia, qualità fondamentali che aiuteranno sia l’integrazione nelle comunità ospitanti e il loro sviluppo, che la ricostruzione dei paesi di provenienza”, spiega Carlotta Sami, portavoce Unhcr per il Sud Europa. “Una bambina rifugiata non può scegliere”, conclude, ma noi “possiamo salvarla dagli abusi, dallo sfruttamento e dai matrimoni precoci e assicurarle il diritto di andare a scuola”.