Violazione diritti

Siria: Unicef, “nel sud del Paese, a Quneitra, 55mila bambini fuori dall’assistenza umanitaria”

La situazione nel sud della Siria continua ad essere drammatica. “Dopo una recente ondata di violenze nel sud della Siria, si stima che fino a 180.000 persone siano scappate – afferma oggi Geert Cappelaere, direttore regionale Unicef per il Medio Oriente e il Nord Africa -. Secondo l’Unicef circa la metà sono bambini. Stando alle ultime notizie, molti di questi bambini, circa 55mila, e le loro famiglie continuano a non ricevere assistenza umanitaria salva vita di base”. Cappelaere sottolinea che “negli ultimi anni l’accesso umanitario in Siria è stato gravemente limitato, condizionato e a volte completamente negato e di conseguenza le vite di molti bambini sono state perse”. “Il rifiuto dell’accesso umanitario ai bambini – prosegue – è una delle sei gravi violazioni dei diritti dei bambini, secondo le priorità del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Le parti in conflitto che negano deliberatamente e arbitrariamente l’accesso umanitario saranno ritenute responsabili”. Una notizia positiva arriva da due villaggi da tre anni sotto assedio a Idlib, dove dopo due anni di limitazioni, ora i bambini e le famiglie possono lasciare i villaggi per posti più sicuri. “Nonostante le sfide, gli operatori umanitari continuano a garantire assistenza salvavita essenziale ai più vulnerabili in Siria – aggiunge Cappeleare -. Le continue notizie di attacchi contro gli operatori umanitari sono estremamente preoccupanti. Non sono un obiettivo, ma devono essere sempre protetti. In Siria, ci sono circa 6 milioni di bambini che hanno bisogno di assistenza. A nome di tutti loro, l’Unicef chiede un accesso tempestivo, duraturo, sicuro, senza impedimenti per raggiungere tutti i bambini che hanno bisogno di aiuto ovunque essi si trovino in Siria. E chiede a tutti i membri del Consiglio di sicurezza di continuare a fare pressione sulle parti coinvolte nel conflitto, così da consentire alle organizzazioni umanitarie e agli operatori umanitari di svolgere il proprio lavoro in Siria, protetti e senza condizioni”.