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Messico: presentato il “Progetto pastorale globale”. Interpellati dai mutamenti culturali è “chiesta profonda conversione”

“Cosa significa celebrare la fede, qui in Messico, in questo momento, a duemila anni di distanza dalla redenzione di Cristo e a mezzo millennio dall’avvenimento guadalupano?”. Questa la domanda fondamentale che interpella la Conferenza episcopale messicana (Cem), che ha pubblicato il “Progetto pastorale globale 2031-2033” elaborato dopo una lunga consultazione ecclesiale e in particolare dei laici, segue il tradizionale metodo, consolidato in America Latina, del “vedere – giudicare – agire”.
Si inizia dunque da uno sguardo della realtà messicana di oggi, con un approccio di pastori e non di specialisti, sottolineando i progressi registrati dal Paese, ma anche la povertà, le migrazioni forzate, la corruzione, denunciando che alcune persone “hanno approfittato dei loro incarichi pubblici o politici per arricchirsi scandalosamente”. A proposito dell’escalation di criminalità, violenza e narcotraffico, si parla di “vero e proprio calvario per persone, famiglie, comunità intere, in una spirale di dolore di cui non si vede la fine”. E di “un rafforzamento allarmante del crimine organizzato”.
Nella seconda parte i vescovi cercano di approfondire il nucleo problematico da cui derivano i fenomeni sociali e culturali descritti nella prima parte. La riflessione si concentra sulla questione antropologica-culturale di oggi: “Siamo convinti – scrivono i vescovi – che l’umanità vive in questo momento un autentico e profondo cambio d’epoca”, caratterizzato da progressi scientifici e tecnologici ma anche da una cultura che “cancella e mutila la persona umana”, che in definitiva nega “il primato dell’uomo”.
In questo contesto – ecco la terza parte, quella dell’agire – “Dio ci sta chiamando a generare speranza e a rafforzare e costruire una vita umana più piena per tutti i suoi figli, soprattutto gli scartati”. Un impegno, questo, che “esige un profondo processo di conversione, e i primi a dover dare l’esempio siamo noi vescovi”. Da qui l’importanza delle opzioni pastorali già ricordate.