Centro Astalli

Afghanistan: Piro (giornalista Rai), “un Paese sull’orlo della frantumazione”

“Nei primi mesi del 2018 le forze americane hanno sganciato 1186 bombe. Nel 2017 ci sono state 10.000 vittime civili. Il rischio oggi è che l’Afghanistan riviva ciò che ha vissuto dopo la fine del governo filo-sovietico nel ‘92 quando il Paese andò in frantumi, tanto che i talebani vennero accolti come liberatori”. Lo ha affermato Nico Piro, giornalista del Tg3 Rai, spiegando quanto sia pericoloso oggi vivere in Afghanistan in merito alla questione sui Paesi di origine dei richiedenti asilo considerato “sicuri”. Ne ha parlato al corso di formazione “Aiutarli a casa loro” organizzato dal Centro Astalli alla Pontificia Università Gregoriana. “L’Afghanistan è oggi il cimitero degli imperi – ha detto -. Solo da pochi anni sappiamo che ha preziosissime risorse naturali ma è in guerra da sempre per la sua posizione strategica, perché è il crocevia dell’Asia. Nel 2017 è aumentata dell’87% la produzione di oppio. Il 90% dell’oppio mondiale è prodotto in Afghanistan. Per i media la guerra è finita nel dicembre 2014 con la fine della ‘missione incompiuta’ e abbiamo affidato la transizione ai partner afgani. Ma nel 2015 le vittime civili sono aumentate del 4%, nel 2016 del 3%. Il governo controlla il 60% del territorio ma finiti gli aiuti è iniziata la crisi economica e la disoccupazione”, anche perché “i soldi della ricostruzione hanno alimentato un ceto politico corrotto che ha spostato i narcodollari e i soldi occidentali all’estero”. La missione italiana, ha ricordato Piro, “è costata 5 milioni e mezzo di euro” e ancora oggi il contingente italiano “è il più numeroso dopo gli americani”. Secondo Piro “l’errore occidentale nel 2001 è stato di mettere il Paese in mano a chi lo aveva già distrutto con la guerra civile, ossia Abdul Sayaf, che dalla sua villa continua a fare il bello e il cattivo tempo”. “C’è un problema di rinnovamento della classe dirigente – ha osservato -. Ad ottobre si vota per le parlamentari ma gli ultimi attentati hanno voluto colpire il processo elettorale. L’anno prossimo si dovrebbe votare per le presidenziali ma con tante incognite. Oggi il rischio è che un Afghanistan tanto fragile sia sull’orlo di una frantumazione territoriale”.