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“Superare l’idea di vedere l’’altro’ come ‘oggetto’ dell’azione missionaria. Gli altri non sono ‘oggetti’, ma ‘soggetti’ che incontrano l’amore di Dio, attraverso l’azione dei missionari e della Chiesa”. Lo afferma Ambrogio Bongiovanni, docente di Teologia del dialogo interreligioso e Teologia della missione alla Pontificia Università Urbaniana e alla Facoltà Teologica dell’Italia meridionale. Una visione presentata nel libro “Mission Makes the Church” (ed. Aracne), curato da Fabrizio Meroni, che sarà presentato, martedì 15 maggio, a Napoli. “La Chiesa – secondo il docente – non può non essere missionaria, perché fondata da Cristo Gesù che agisce nel mondo attraverso il suo Spirito per la salvezza di tutti”. Quindi, “la missione non è una ‘proprietà’ della Chiesa”. Ma “è la missione che fa la Chiesa, non viceversa”. Nell’ultimo secolo “è cambiato soprattutto il rapporto con le persone”. “È mutato il modo di guardare i soggetti della missione. L’idea missionaria basata sul proselitismo, cioè sull’allargamento del gruppo dei cristiani, della Chiesa, viaggiava insieme con la ‘missione civilizzatrice’ propria del colonialismo – spiega Bongiovanni -. Nel concetto di civilizzazione era infatti compreso quello della cristianizzazione. In questo contesto, gli altri e i popoli erano considerati un oggetto, un terreno di conquista”. A questa visione si contrappone quella attuale. “Oggi, invece, la missione guarda all’altro come a una persona libera con la quale entrare in relazione e attivare un annuncio della buona notizia che è dialogico e mai impositivo. Perché Dio ci ama come esseri pienamente liberi”.